600 intellettuali tra storici, matematici, artisti, docenti, accademici, pedagogisti, linguisti, scrittori, giuristi, neuropsichiatri ed economisti hanno scritto a Gentiloni, al Parlamento e alla ministra dell’Istruzione contro il declino dell’italiano a scuola. Un disastro. Alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente, scrivono, da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio, alcuni atenei hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana… Il tema della correttezza ortografica e grammaticale è stato a lungo svalutato sul piano didattico più o meno da tutti i Governi… non si vede una volontà politica adeguata alla gravità del problema… Dobbiamo dunque porci come obiettivo urgente il raggiungimento, al termine del primo ciclo, di un sufficiente possesso degli strumenti linguistici di base da parte della grande maggioranza degli studenti. A questo scopo ci permettiamo di proporre una revisione delle indicazioni nazionali che dia grande rilievo all’acquisizione delle competenze di base, fondamentali per tutti gli ambiti disciplinari. Tali indicazioni dovrebbero contenere i traguardi intermedi imprescindibili da raggiungere e le più importanti tipologie di esercitazioni; l’introduzione di verifiche nazionali periodiche durante gli otto anni del primo ciclo: dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano. Sarebbe utile la partecipazione di docenti delle medie e delle superiori rispettivamente alla verifica in uscita dalla primaria e all’esame di terza media, anche per stimolare su questi temi il confronto professionale tra insegnanti dei vari ordini di scuola. La denuncia è stata promossa dal Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità, il problema è peraltro largamente diffuso non solo tra gli studenti, ma anche tra illustri professionisti e politici, incapaci perfino di scrivere una lettera correttamente. L’italiano andrebbe studiato sempre, anche all’università, come base fondamentale e selezionante su cui far crescere, poi, il proprio percorso scelto.