Tutto quanto non è stato impostato oggi nella ricostruzione, la città lo pagherà tra qualche decennio. Le nuove tecnologie sono sottovalutate, il risparmio energetico, la mobilità alternativa, i mezzi elettrici sono tutte questioni prese in considerazione solo perché ci sono le risorse, perché lo Stato avrebbe sostenuto una rinascita all’avanguardia, ma in realtà la politica è riuscita a trascinare tutto in una normale e ordinaria amministrazione. I sottoservizi in centro storico saranno giusti l’opportunità di interrare fili elettrici volanti, mentre le colonnine da installare per la ricarica elettrica dei mezzi del futuro, resteranno inutilizzate perché culturalmente L’Aquila non è pronta. Non gli interessa, essere pronta e preparata. Con le innovative politiche urbane di cui il capoluogo avrebbe potuto essere pioniere, tanto era tutto da ripensare e da rifare, avremmo potuto impostare una città nuova e socialmente sostenibile, il nuovo modello delle città creative in cui potevamo inserirci a pieno titolo ed essere economicamente trainati. Poteva essere il Consiglio comunale, così come accaduto ad Amburgo, ad elaborare politiche diverse di crescita urbana, per attrarre talenti dal mondo, per espandere gli ambienti creativi nella città e nelle periferie, recuperando capannoni abbandonati dall’industria che non c’è più, per ricostruire nuovi spazi fisici ed ambientali dove tornare a vivere, dopo una catastrofe, e soprattutto vivere meglio. Un paio di progetti urbani pensati ad Amburgo, Hamburg HafenCity e IBA Hamburg, hanno puntato a creare strutture socialmente ed economicamente sostenibili, per la nuova classe sociale, la classe creativa, purché ci fosse un buon piano di ingegneria sociale che evitasse distanze sociali, quindi aprire a tutti, con una distribuzione della vita sociale, culturale ed economica tale, da non far schizzare i prezzi del mercato immobiliare, considerato che architetture elitarie avrebbero potuto attrarre residenti benestanti. L’Aquila il problema non se l’è proprio posto, ha avuto solo la necessità di rendere edificabili le aree bianche, sta pensando ad un nuovo Piano regolatore che sarà pronto tra un paio d’anni, quello in vigore è del 1975, e studia la maniera per sanare gli abusi delle migliaia di manufatti temporanei, nati dopo l’emergenza per abitarci e riaprirci attività produttive, ma dovevano essere provvisori.