Lo scenario offerto da questi ultimi mesi di consiliatura è roba già vista. Il finale in cui non si discute più dei grandi temi, ma quando mai se n’è parlato, e dove si cincischia tra eletti per giocare strategie che promettono poco di buono. Nel centro destra lo scenario è ancor prima che frammentato, imbarazzante. Ci vorrebbe davvero un Biagio Tempesta, forse, per alzare l’asticella, salverei D’Eramo, tra le nuove leve che ambiscono ad amministrare un capoluogo di Regione, alle quali non affiderei neanche la spesa di casa. Toglierei le frazioni dall’Aquila, se potessi, anzi lo proporrò ai civici come Ettore Di Cesare o Vincenzo Vittorini, aquilani, ai quali se parlassi di chiese distrutte, di palazzi importanti da recuperare, di ripresa economica e di ragioni un po’ più alte di quelle che tengono banco al momento, sicuro capirebbero. Così, di netto, taglierei con le frazioni, un sindaco a frazione e via, fondi loro, decisioni loro, fontanelle loro, giri loro e ciao, il dazio alle Porte e si ricomincia a campare con un po’ di respiro. E non è una provocazione. Mi perdoneranno i cavalli di razza per i quali farei una deroga, pochi, ma loro sanno di chi parlo. Il centro sinistra conta un Pd che non sa ancora come togliersi di dosso il cialentismo di dieci anni ed uscire con una nuova pelle, partiti di sinistra che vorrebbero reinventarsi un’anima progressista dopo essere stati col cialentismo, di cui ancor oggi non riescono a fare meno, ma devono guadagnare la fiducia di movimenti civici ed associazioni, il Cinque Stelle che non mostra ancora l’appeal nazionale ed una buona fetta della vecchia Forza Italia e An, pronta a fare i giochi del post cialentismo, per avere assicurata la rendita di questi anni. Quindi il potere delle frazioni, che castrano la volontà di volare più in alto, e lo spettro di un nuovo decennio che potrebbe fare il paio con quello che sta finendo. Non vorrei infatti che alle brutte, dopo i bei tentativi di porre le fondamenta di una nuova casa amministrativa, soprattutto a sinistra, ci si ritiri in buon ordine a cercare di fare per sé, costretti ad ingoiare i rospi di una politica che non piace, ma sempre meglio quella minestra che la finestra.