In centro storico hanno riaperto tre o forse quattro attività commerciali, tutte le altre non c’erano. Prima del terremoto erano farmacie, pelletterie, bigiotterie, salumerie, jeanserie sono poi diventate pub e bar, qualcuno ha già chiuso. E nella più totale assenza di regole, viene autorizzata la riapertura di due chioschi chiusi nel 1999 e abbandonati a San Basilio, all’ex ospedale San Salvatore, a due proprietari che non hanno più la licenza commerciale ma solo un diritto di proprietà risalente al 1967. Un regolamento su chioschi e gazebo il Comune prova a farlo dal 2007, non c’è ancora riuscito, e mentre il resto delle licenze è bloccato proprio perché mancano le regole, due proprietari vengono autorizzati dalla Giunta Cialente, in deroga, non solo a riaprire con una licenza riconsegnata 15 anni fa, ma a riqualificare perfino una piazza pubblica, dove c’è l’antico monastero di San Basilio di proprietà dell’Università, e gli studenti, che hanno come sede quello scempio bianco di cui si riconosce solo l’oscura ma imponente presenza urbanistica. L’amministrazione pubblica, dopo un terremoto come quello del 2009, dopo una distruzione totale a cui mettere mano con una regia ferrea per dettare regole nuove ed uguali per tutti, insiste nel perseguire la solita ricetta del favoritismo. Continuando ad alimentare il malessere e la rabbia di tutti gli esercenti e commercianti che ancora non riescono a riaprire o che proprio non riescono ad ottenere licenze commerciali anche per chioschi o gazebo, perché è tutto bloccato, in attesa di un regolamento che non arriva da anni, e qualcuno in questo nulla, riesce a farsi strada lo stesso. Un andazzo brutto e un segnale ancora più brutto perché un pezzetto di città vera, che in pieno centro storico doveva ripartire bene e con una riqualificazione speciale, così da rigenerarci intorno un’intera città da ripensare, resta in balia delle onde, bisognava ragionarci come fosse una cosa preziosa, con cura e garbo architettonico, invece di lasciarla nelle mani di privati senza neanche preoccuparsi del rischio del solito scempio. Un regolamento dovrebbe stabilire anche le fogge dei chioschi, i materiali da usare, forme poco impattanti, i costi per l’occupazione di suolo pubblico e l’utilizzo di energie rinnovabili, la futura smart city anche per quest’ambito, resta solo l’idea di una piccola provincia che crede di fare chi sa che, illude la cittadinanza, ma sta soltanto regredendo.