Il Padiglione Italia, allestito per la 15ma edizione della Biennale di Venezia, propone lavori ispirati al riciclo, riuso e rigenerazione urbana sostenibile. Curato dallo studio TAMassociati, è stato realizzato con materiale di recupero del padiglione irlandese di Expo, ed è intitolato Taking care. Progettare per il bene comune. Suddiviso nelle sezioni pensare, incontrare, agire, mostra venti progetti a cominciare dalle cento tonnellate di acciaio, tra snodi e giunture, recuperate dallo smantellamento della scorsa Biennale che piovono sugli avventori, perché pensino alla quantità di rifiuti prodotti, a idee di riciclo, riuso e upcycling. Per Giuseppe Cappochin, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, il Padiglione coglie il vero significato della rigenerazione urbana sostenibile, del riuso, e rappresenta una visione dell’architettura tesa non solo a migliorare le periferie e l’ambiente edificato, ma anche a prendersi cura delle persone e delle comunità. A questa capacità di delineare il progetto della città futura che è propria degli architetti devono però seguire una politica condivisa sul futuro delle città e delle periferie e un grande progetto d’investimento di idee e denaro sulle città. Tutto ciò all’Aquila continua ad essere impensabile, perché amministrata da una politica troppo arretrata, peraltro espressione coerente di una comunità. Secondo Cappochin, la politica e la società civile dovranno investire in una strategia al 2050, che associ alle trasformazioni fisiche azioni rivolte alla salvaguardia e al potenziamento delle relazioni sociali, all’ampliamento dell’offerta culturale e a nuove opportunità di lavoro, alla promozione di comportamenti e stili di vita più ecologici e alla valorizzazione degli aspetti paesaggistici grazie alla quale iniziative come la Legge sul consumo di suolo e sul riuso ed il Piano per le Periferie, potranno essere veramente incisive. La città terremotata lavora in questi mesi al nuovo Piano regolatore che andrà a sostituire quello vecchio di quarant’anni, ma non si registra affatto quel fermento di idee che dovrebbero al contrario spingere su riuso e consumo di suolo zero, promessi da Cialente alle elezioni del 2012.