Salendo per Via Fortebraccio qualche sera fa, ho visto il cratere di una storica costruzione ormai demolita a sinistra, all’angolo con Costa due Stelle, un attimo prima di sbucare su Piazza Bariscianello. Già all’inizio della salita, un’altra demolizione di un palazzone più recente comunque mi aveva colpito, demoliscono di brutto anche in centro storico, ho pensato. E senza sapere cosa demoliranno domani, perché un piano non c’è, l’assessorato alla ricostruzione di Pietro Di Stefano non ha mai voluto farlo. Deciderà in deroga di volta in volta il Consiglio comunale, ma non ci si capisce più niente, ci tolgono i palazzi dall’oggi al domani senza spiegare nulla. Basti ricordare anche l’edilizia minore abbattuta verso il quartiere più antico dell’Aquila, San Pietro, nel mancato rispetto della Carta di Venezia del 1964, firmata per salvaguardare gli ambienti urbani nella ricostruzione post bellica. Quelli non proprio vincolabili ma che pure rappresentano la storia di una comunità, e sfido chiunque a dire che quella struttura su via Fortebraccio, non sia un pezzo di città nel senso più profondo. Vanno però avanti con l’accetta. Domani il Consiglio comunale dovrà votare diversi permessi a costruire in deroga, come la porzione dell’aggregato De Marchis Le Cancelle, in via dei Neri, un progetto di demolizione e ricostruzione di un fabbricato su via Sallustio e poi ancora alcuni cambi di destinazione d’uso, come fossimo al mercato, dove il privato pretende ampliamenti e migliorie ed il Consiglio, non avendo stabilito regole rigide a monte, avrebbero potuto farlo visto che parliamo della ricostruzione di un’intera città, deve accordare ciò che la legge prescrive senza poter fare alcuna valutazione. Il brutto è che l’assessore Di Stefano che governa senza titoli e in solitaria questo delicatissimo processo, nel 2009 si batteva per rifare subito il centro storico, dove tutto sarebbe rimasto com’era e dov’era senza alcun intervento di riqualificazione. I fatti lo stanno smentendo, ma il problema neanche se lo pone, per lui va tutto alla stragrande.