Con la concessione del finanziamento di 62 milioni di euro previsti dal Piano nazionale complementare sisma, può partire, spiega la struttura commissariale, nel pieno rispetto del cronoprogramma, la realizzazione dei quattro Centri di ricerca e alta formazione nei territori colpiti dai terremoti del 2009 e del 2016, finanziati nell’ambito delle linee della Macromisura B dedicate al rilancio del territorio. Il via libera nei giorni scorsi dopo la firma delle Convenzioni tra il Commissario per la ricostruzione del sisma 2016 Legnini, il responsabile della struttura per la ricostruzione del sisma 2009 Presenti ed i Rettori delle quattro università capofila dei Centri di ricerca.
I centri di ricerca sono localizzati uno per ciascuna Regione.
In Abruzzo, a Teramo, nascerà il Centro Europeo Agri-BioSERV, dedicato all’innovazione del settore imprenditoriale dell’agroalimentare e alla riqualificazione del settore sanitario e biomedicale.
Nel Lazio, a Rieti, si realizzerà il Centro di ricerca sull’economia circolare e sulla salute.
Nelle Marche, a Camerino, sorgerà il Centro internazionale per la ricerca sulle scienze e tecniche della ricostruzione fisica, economica e sociale.
Infine, in Umbria, a Spoleto, sarà realizzato il Centro di ricerca e trasferimento tecnologico per la digitalizzazione, conservazione, valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale e ambientale.
I dettagli:
1. A Camerino, sorgerà il Centro internazionale per la ricerca sulle scienze e tecniche della ricostruzione fisica, economica e sociale, con l’acronimo STRIC. Camerino, una delle città simbolo della distruzione del sisma, è stata scelta come sede principale del centro, che ospiterà sei laboratori all’avanguardia. Un polo distaccato sarà ospitato negli ambienti sotterranei del Gran Sasso Science Institute all’Aquila.
L’ateneo di Camerino è capofila del progetto, che vede come partner l’Università Politecnica delle Marche, l’Università di Macerata. L’Università degli Studi di Perugia, l’Università dell’Aquila, il Gran Sasso Science Institute, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Nel laboratorio dedicato alla sperimentazione sulle costruzioni, saranno in dotazione due tavole vibranti che renderanno possibili test sismici anche su strutture a scala reale. Altrettanto all’avanguardia il laboratorio per gli studi di tettonofisica, che sarà unico del suo genere in Italia e si occuperà della valutazione della pericolosità nei casi di terremoto, vulcani, frane e alluvioni, attraverso lo studio di processi geodinamici, della deformazione superficiale e anche delle interazioni con l’atmosfera. Una sezione in particolare si occuperà del monitoraggio dei fenomeni sismici, approfondendo lo studio dei precursori che nel futuro potrebbero rendere possibile un’allerta anticipata delle scosse.
Un altro laboratorio svilupperà strumenti per l’elaborazione dati, di supporto alla progettazione, alla gestione e al monitoraggio della ricostruzione, per l’elaborazione di modelli matematici che aiutino a prevedere le condizioni nel tempo di edifici e infrastrutture e per gestire l’enorme mole di dati generata dagli esperimenti effettuati nel Centro. Il quarto laboratorio si occuperà della caratterizzazione chimico-fisica avanzata dei materiali, con particolare riguardo allo studio della durabilità degli stessi per il loro impiego nell’edilizia. Gli aspetti sociali e di governance del post disastro sono oggetto degli altri due laboratori realizzati nel centro di Camerino. Il primo è il laboratorio umanistico multidisciplinare per la resilienza e la generatività, che si occuperà di come affrontare le sfide della ricostruzione connesse alla preparazione della popolazione e a come ricucire le ferite sociali, economiche e culturali generate dal trauma del terremoto. Infine, il laboratorio per l’enforcement delle politiche di mitigazione e gestione dei disastri si occuperà di studiare le migliori politiche regolatorie, che sappiano mitigare gli effetti di una catastrofe (che sia un sisma, una guerra o una pandemia) sull’economia, sulle relazioni giuridiche e sulla sicurezza di persone e territori. I Laboratori nazionali del Gran Sasso ospiteranno un polo distaccato, dove si svolgeranno le attività legate alle questioni geofisiche e di previsione dei fenomeni sismici, che si avvalgono di strumentazioni molto sensibili al rumore e quindi più efficienti in ambienti sotterranei.
L’insieme di queste attività consentirà al Centro di supportare il territorio non solo nel processo di ricostruzione ma anche in quello di prevenzione, aiutando i tecnici e i professionisti a identificare, progettare e monitorare gli interventi per la riduzione del rischio sismico, a definire insieme agli enti locali e nazionali le priorità e le risorse per mettere in sicurezza strutture e infrastrutture strategiche.
2. Teramo ospiterà il Centro Europeo Agri-BioSERV. Capofila del progetto è l’Università di Teramo. Collaborano anche l’Università Politecnica delle Marche, l’Università dell’Aquila, l’Università G. D’Annunzio di Chieti, l’Università di Macerata, l’Università di Camerino e il Gran Sasso Science Institute. Il Centro si articola nelle tre strutture Agri-impianti, Agri-Bio e Agri-Vet, e ha l’obiettivo di ampliare il ruolo di riferimento nazionale dell’Abruzzo, valorizzando le competenze già esistenti a sostegno dell’innovazione del settore imprenditoriale dell’agroalimentare e di riqualificazione del settore sanitario e biomedicale. Per questo le professionalità chiamate a collaborare nel centro professionalità rispecchiano specializzazioni diverse e complementari, dagli esperti di biologia cellulare ai biologi molecolari, genetisti, nutrizionisti e tecnologi alimentari.
Il Centro è articolato in sei unità, ciascuna dedicata a un aspetto specifico della ricerca e dell’innovazione agro-alimentare: dal ricevimento delle materie prime allo sviluppo di nuove biomolecole, fino allo studio della stabilizzazione e del confezionamento dei prodotti.
Una unità sarà interamente dedicata alla cucina sostenibile, e indagherà anche l’impiego di materie prime innovative nella cucina sperimentale in dotazione, come insetti e alghe.
Il centro si occupa anche di settori chiave per il territorio, che più di altri necessitano di rinnovarsi per affrontare le continue trasformazioni tecnologiche e di mercato. È il caso dell’unità lattiero-casearia, che si occuperà non solo della ricerca applicata nel settore ma anche di formazione e supporto agli operatori del settore e a giovani laureati e dottorandi. Così come l’Unità dedicata alla validazione dei processi, per valutare l’impatto che le innovazioni, in termini di produzione e composizione, hanno sulla sicurezza degli alimenti che consumiamo.
L’unità Biotech, sulle biotecnologie microbiche, si occuperà di produrre biomasse microbiche liofilizzate da utilizzare come colture per la produzione di alimenti fermentati tradizionali e innovativi, anche attraverso il recupero di sottoprodotti e co-prodotti delle trasformazioni agro-alimentari.
Sempre in un’ottica di studio e sperimentazione l’unità che ospiterà una cantina birrificio sperimentale, a servizio di ricercatori e studenti che vogliano sviluppare tecnologie a basso consumo energetico per il miglioramento dei vini e tecnologie di stabilizzazione sostenibile per vini naturali e di qualità. La cantina-birrificio didattica ha tra i suoi obiettivi anche lo sviluppo di protocolli di trasformazione sostenibile a supporto delle tante attività che producono birre artigianali e locali.
Infine, il Centro ospiterà l’unità di sviluppo di dispositivi diagnostici rapidi, dedicata allo studio, sviluppo e produzione di dispositivi a basso costo per il controllo rapido di qualità e di processo nelle filiere agroalimentari, compresa la sicurezza chimica.
3. A Spoleto, città simbolo della tutela dei beni artistici e culturali con la pregevole attività del Deposito di Santo Chiodo, uno dei quattro depositi (gli altri sono all’Aquila, Camerino, Rieti) dove hanno trovato rifugio le migliaia di beni culturali salvati dal terremoto, sarà realizzato il Centro di ricerca e trasferimento tecnologico per la digitalizzazione, conservazione, valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale e ambientale.
L’ateneo capofila è quello di Perugia, e nel centro collaborano anche l’Università per Stranieri di Perugia, la Sapienza di Roma e Università degli Studi della Tuscia, l’Università dell’Aquila, l’Università di Camerino, l’Università di Chieti-Pescara, l’Università di Macerata, l’Università di Teramo, l’Università Politecnica delle Marche, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
L’obiettivo del Centro è definire le modalità per valorizzare attraverso la digitalizzazione i beni storico-artistici e culturali salvati dai territori colpiti dal sisma del 2009 e dal sisma del 2016 e attualmente conservati nei quattro depositi di Spoleto, L’Aquila, Rieti e Camerino.
Le attività del Centro sono organizzate in quattro aree tematiche, a seconda dell’oggetto della digitalizzazione: i beni culturali materiali, i musei, i beni paesaggistici e i beni culturali immateriali.
Saranno necessari migliaia di Terabyte e la potenza di calcolo di qualche migliaio di processori, core, ad alte prestazioni, per questa imponente opera di digitalizzazione e virtualizzazione. Si creerà così una struttura di calcolo altamente innovativa e ad altissime prestazioni, capace di supportare altri centri di calcolo, anche a livello internazionale, che si occupano di tematiche simili.
Alla potenza tecnologica si affiancheranno ricerche nei campi dell’arte, delle scienze umane, sociali e psicologiche, perché il fine ultimo del Centro è restituire centralità e vitalità ai beni culturali recuperati nel vasto territorio colpito dal sisma, trovando il modo migliore di valorizzarli con l’aiuto delle possibilità offerte dalle più recenti tecnologie.
Questo vuol dire non solo identificare le metodologie più adeguate per digitalizzare le opere artistiche salvate dal sisma ma anche delineare una strategia per valorizzarle una volta digitalizzate, definendo un protocollo che sia possibile sperimentare e replicare in altri contesti.
4. A Rieti sarà realizzato il Centro di ricerca sull’economia circolare e sulla salute. Capofila del progetto sono l’Università Sapienza di Roma, l’Università della Tuscia e il Parco Scientifico e Tecnologico dell’Alto Lazio. Collabora anche l’Università di ChietiPescara.
Nel Centro saranno sviluppate sei linee di ricerca. Il primo ambito è quello della Bioeconomia circolare e green chemistry, con particolare riferimento alla caratterizzazione e produzione di sostanze naturali e al recupero e al riutilizzo degli scarti di lavorazioni del comparto agroalimentare. A questo scopo sarà allestito un laboratorio, che costituirà la base per sviluppare un Osservatorio internazionale sull’economia circolare.
Un secondo ambito di ricerca del Centro è lo Sviluppo sostenibile delle aree interne, in riferimento alla transizione dell’economia montana verso modelli circolari e sostenibili. Il cuore dell’attività si concentrerà sulla valorizzazione della foresta come come sistema per la produzione, conservazione e la depurazione dell’acqua e sulla prevenzione del rischio e del dissesto idrogeologico in un contesto di cambiamenti climatici, avvalendosi anche della possibilità di elaborare una enorme quantità di dati storici, archeologici, paleoclimatici, geotematici, nel Data center che sarà parte integrante del Centro di ricerca.
Il terzo ambito di ricerca è l’Energia e mobilità sostenibile, con l’obiettivo di sviluppare sistemi che riescano a integrare fonti diverse di energia, a zero emissione di anidride carbonica. Saranno approfondite la produzione di idrogeno verde, lo sviluppo e l’ottimizzazione di sistemi energetici complessi, l’ottimizzazione di sistemi di accumulo di energia termica ed elettrica, fondamentali per consentire uno sfruttamento effettivo delle fonti rinnovabili, e infine saranno sviluppati prototipi di biciclette, tricicli e ciclomotori leggeri alimentati ad idrogeno.
Nel centro troveranno spazio anche gli studi sul reimpiego dei materiali di scarto provenienti dalle demolizioni e dagli edifici danneggiati dai terremoti. Nell’ambito del Construction and demolition waste (Cdw), letteralmente “rifiuti da costruzione e demolizione”, si studierà il modo per ottimizzare il cosiddetto “ciclo delle macerie” prodotte da eventi sismici, sia che si tratti di elementi di pregio da recuperare e reimpiegare nella ricostruzione, sia che si tratti di materiali di risulta da reimpiegare nell’edilizia una volta trasformati o nel ripascimento di suoli intaccati dall’attività umana.
Discorso simile per l’ambito di ricerca che si occupa della Filiera agroalimentare sostenibile, dove saranno studiati l’impiego e il riutilizzo di materiali di scarto agrodinsutrale, oltre allo sviluppo di filiere alimentari sostenibili negli ambiti della produzione di latte e formaggi, nel settore ortofrutticolo e nel settore cerealicolo, che nel territorio vanta una lunga tradizione anche grazie alle ricerche dell’agronomo e genetista marchigiano Nazareno Strampelli, che fece ampio uso del frumento “Rieti” nelle sue ricerche. Oltre al frumento sarà dato rilievo anche all’orzo e al suo impiego nella produzione di birra.
Infine, il Settore biomedico, che si occuperà di tre filoni di ricerca: la ricerca di marcatori biologici utili per la diagnostica e monitoraggio di patologie croniche cardiovascolari e neurodegenerative, nonché in ambito oncologico, la realizzazione di sistemi di telemedicina che consentano il monitoraggio a distanza di pazienti che soffrano di queste patologie e l’utilizzo dei modelli 3D che consentano un approccio innovativo alle patologie connesse alla riabilitazione.
Tutti i Centri metteranno a sistema competenze, tecnologie e risorse per dare impulso, tra l’altro, all’innovazione nel campo della programmazione delle ricostruzioni post calamità, della prevenzione e messa in sicurezza dei territori, con studi avanzati sui dissesti e sui terremoti, compresa la possibilità di studiare i precursori sismici e gli effetti in scala reale di scosse di terremoto simulate in laboratorio. E ancora nei settori agroalimentare, biomedico e cosmetico, nel campo dell’economia circolare, per comprendere come impiegare gli scarti di una grande varietà di lavorazioni, non da ultimo le macerie delle demolizioni, nella sostenibilità alimentare, con studi su nuove molecole e nuove fonti di proteine, ed energetica, con esperimenti e studi per creare e sfruttare fonti green come l’idrogeno anche nella micro-mobilità. Infine, nei processi di digitalizzazione del patrimonio culturale, con protocolli, strumenti e risorse che rappresenteranno delle eccellenze a livello nazionale.