La ‘città dei 15 minuti’ è tendenzialmente una città in cui ciascun cittadino ha a meno di 15 minuti a piedi tutto ciò di cui ha bisogno per vivere, divertirsi e lavorare. Una città che assicura una migliore qualità della vita grazie al tempo che si risparmia negli spostamenti e alla maggior funzionalità dello spazio urbano in cui si vive, che riduce lo stress e incoraggia il movimento.
Sono suggestioni della ‘città dei 15 minuti’ che hanno attratto campagne elettorali a Parigi, Milano e Roma, nuovi ragionamenti e confronti, ma anche fattibilità non proprio così distanti da noi, che forse dovremmo iniziare a porci davanti a nuove visioni urbanistiche.
Le nostre città, ovunque nel mondo, si trovano ad affrontare una crescita permanente, ma sono ancora guidate dal paradigma dell’era del petrolio e dei suoi impatti sulle strade e sull’urbanistica in generale. L’era dell’automobile onnipresente, associata ad uno stile di vita basato sulla proprietà del suo veicolo come elemento di status sociale, è ancora presente, ma vacilla. Si sta diffondendo una presa di coscienza sulle nostre città divenute irrespirabili dal triplice effetto delle emissioni prodotte dagli edifici, dalle reti di calore e di freddo, e dal trasporto a benzina a tutto campo, così già qualche anno fa Carlos Moreno, docente della Sorbona e studioso della città intelligente.
La cronologia sequenziale della città, erede del fordismo industriale e dell’opposizione tra la città del giorno (che lavora) e quella della notte (che si diverte ma anche pericolosa), è in rovina, anche noi possiamo acquistare a qualsiasi ora tramite le piattaforme online e ottenere consegne in un punto di prossimità, fare vita notturna di ogni tipo; tutto questo è diventato comune. Conciliare le esigenze della città sostenibile ma anche i nuovi ritmi con altri modi di vivere, di abitare, di lavorare e di prendere tempo libero, passa attraverso una trasformazione dello spazio urbano ancora fortemente mono funzionale, con la città centro e le sue diverse specializzazioni verso una città policentrica, sostenuta da 4 componenti principali: la vicinanza, la diversità, la densità, l’ubiquità. È la città del ¼ dell’ora, dell’iper prossimità, dell’«accessibile» a tutti e in qualsiasi momento… Quella in cui, in meno di 15 minuti, un abitante può soddisfare i suoi bisogni essenziali di vita.
Si tratta allora di avvicinare la domanda dell’abitante all’offerta che gli viene proposta, di assicurare una diversità funzionale sviluppando le interazioni sociali, economiche e culturali, di assicurare una densità non trascurabile, pur aumentando gli spazi pubblici di incontro, ottimizzare la gamma di servizi grazie al digitale e ai modelli collaborativi e di condivisione, far diventare le strade spazi di mobilità decarbonizzati riscoprendo la mobilità pedonale e ciclabile (…)
Sono suggestioni, ma nella Missione numero 6 del Pnrr sulla salute, si parla anche di territorializzazione del sistema sanitario, di case di comunità. Il Covid ci ha fatto capire quanto sia importante sviluppare la dimensione territoriale, l’Europa ce lo impone, i fondi ci sono, ma qui da noi, in provincia, siamo ancora ai livelli di Prg del 1975 e del perché ancora non nasce un nuovo Prg.