Tra le pagine de “L’avventura di un povero cristiano” l’opera teatrale dedicata da Ignazio Silone a Celestino, si legge che “È difficile che un buon cristiano possa estraniarsi dalla sorte dei suoi simili. Il fratello maggiore non può disinteressarsi dei fratelli minori”.
E noi, da cristiani, non possiamo estraniarci dalla sorte dei nostri simili come nel caso della tragedia afghana cui stiamo assistendo in questi giorni.
Da fratelli maggiori non possiamo disinteressarci dei nostri fratelli minori, delle ragazze e dei ragazzi che, tra pochi giorni, torneranno a scuola con l’angosciosa eredità di un anno e mezzo vissuto nell’incertezza e nella privazione dei rapporti sociali.
È un impegno che a tutti i livelli è chiesto alle istituzioni, alla classe dirigente del Paese, a una politica che deve ritrovare la consapevolezza del suo ruolo e che è chiamata, con equilibrio e sobrietà, a perseguire il sentimento di riconciliazione di cui a più riprese ha parlato il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Il lascito di Celestino è tante cose, ma su tutte trionfa il pensiero che l’ultima parola non spetta al male, ma alla grazia, all’amore, perché il cammino del perdono porta verso l’umanizzazione della società con un legato di speranza che guarda al futuro.
Celestino V, da 727 anni, racconta con la sua vita e le sue opere il perdono come valore universale e ci esorta a varcare la Porta santa perché perdonando se stessi si perdonano gli altri.
L’Aquila – la città che Celestino scelse per la incoronazione a pontefice, la città alla quale donò il primo giubileo della storia – è in piena rinascenza. Ogni giorno riscopre quello che sembrava perso e libera altre possibilità di crescita.
Una ricostruzione, che sa di restauro e di ripristino ma anche di innovazione, ha risvegliato la nostra comunità. La grande bellezza dell’Aquila rinascente è, oggi, il palcoscenico di una storia da raccontare ma, soprattutto, da scrivere.
Con il pensiero rivolto a San Pietro Celestino, con il cuore colmo di riconoscenza per la sua generosa protezione, nel rispetto di un dono unico e prezioso come la Bolla del Perdono, nel suo nome e insieme alla comunità dell’Aquila e ai comuni del nostro straordinario territorio.
Il sindaco Pierluigi Biondi, ha acceso il braciere della pace davanti alla basilica di Santa Maria di Collemaggio con il Fuoco del Morrone, e con queste parole, ha accolto la cittadinanza.
E’ iniziata ufficialmente la 727esima edizione della Perdonanza celestiniana. Arde la fiaccola che il Movimento Celestiniano ha portato dall’eremo di Sant’Onofrio a Sulmona dal 16 agosto, e che è arrivata nel capoluogo ripercorrendo il tragitto che Pietro Angelerio affrontò nell’estate del 1294, per arrivare all’Aquila e vestire le insegne da Papa con il nome di Celestino V, dopo la proclamazione nel conclave di Perugia del 5 luglio di quell’anno.
Prima della cerimonia inaugurale, il saluto delle autorità civili e religiose.
La Perdonanza celestiniana dell’Aquila è stata riconosciuta patrimonio culturale immateriale dell’Unesco nel dicembre 2019.
Il momento più solenne, quello del 28 agosto, con l’apertura della Porta Santa della basilica di Santa Maria di Collemaggio, per l’inizio del Giubileo più antico della storia, voluto dal Papa Santo Celestino V con la Bolla del Perdono del 29 settembre 1294.