Il presidente Draghi illustrerà oggi e domani il piano per la ripresa post pandemia alle Camere ma ha già la certezza che l’Ue lo accoglierà. Dobbiamo solo assicurare riforme, tempi brevi, fisco, pensioni, digitalizzazione, semplificazione, transizione verde, formazione e sburocratizzazione, un sacco di cose per cambiare da così a così nel giro di qualche mese. Ce la faremo?
La nuova tratta ferroviaria Roma/Pescara è nel piano e non toccherà il capoluogo, resta il tracciato originario che include la Marsica, ed è confermata tra le rivoluzioni della mobilità con una gestione comunque commissariata. L’Ue valuterà le nostre proposte a maggioranza qualificata entro il 30 luglio, avremo un anticipo del 13% dei fondi tra luglio e agosto, per chiudere l’enorme spesa che ci attende entro il 2026. Un cronoprogramma ambiziosissimo.
Perché poi vorremmo capire se queste rivoluzioni cambieranno le nostre vite e come, quanto migliorerà la nostra quotidianità e quella delle imprese, quanto si rimetterà in moto un Paese senza più lungaggini/burocrazie, per aumentare di qualche punto il nostro pil con una capacità di spesa pubblica vera e veloce, quanti cantieri pubblici sbloccheremo e quanta occupazione nascerà da una rivoluzione sulla carta epocale. Per il momento la discussione si sta consumando solo sulle nostre teste.
Il Governo promette quattro importanti riforme: Pubblica amministrazione, Giustizia, Semplificazione della legislazione e promozione della Concorrenza, quest’ultima sollecitata dall’Ue tra i ritardi annosi da colmare.
Il solo dispositivo per la Ripresa e Resilienza, RRF, garantirà risorse per 191,5 miliardi di euro, delle quali 68,9 miliardi a fondo perduto da impiegare nel periodo 2021/2026.
C’è poi un fondo complementare da 30mld di euro derivante dallo scostamento di bilancio italiano (un’altra quota da 40mld sarà poi spalmata sul 2027/2032) che dovrebbe finanziare le progettualità che non sono rientrate nel piano da presentare all’Ue, ed è qui che i partiti proveranno a contrattare proposte, quindi le risorse del React-Eu (13.5mld), e quelle derivanti dalla programmazione dei fondi strutturali e di investimento Ue per sei missioni:
Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura.
Rivoluzione verde e transizione ecologica.
Infrastrutture per una mobilità sostenibile.
Istruzione e ricerca.
Inclusione e coesione.
Salute.
Sedici componenti e centinaia di progetti.
La quota di progetti verdi è pari al 40 per cento del totale con progetti digitali per il 27 per cento dei fondi, fa sapere Palazzo Chigi. Il 40 per cento circa delle risorse territorializzabili è destinato al Mezzogiorno, aggiunge la nota istituzionale, a testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale. Un piano fortemente orientato all’inclusione di genere e al sostegno all’istruzione, formazione e occupazione dei giovani e contribuisce a ciascuno dei sette progetti di punta (European flagship) della Strategia annuale sulla crescita sostenibile dell’Ue. Gli impatti ambientali indiretti sono stati valutati e la loro entità minimizzata, in linea con i principi che ispirano il NGEU.
I Comuni, nel frattempo, trattano per farsi assegnare direttamente i fondi dei progetti che gestiranno per circa 30 mld di euro, progettualità trasversali al Recovery fund, ed Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente Anci, insiste perché i finanziamenti siano diretti senza perdere tempo in bandi su cui punterebbe invece Roma. Ricorsi, rischio contenziosi e lungaggini vincerebbero come al solito: ma chi capisce come funzionano davvero i territori?
Quindi la cabina di regia, probabilmente un referente unico nel Mef, e un nucleo politico a Palazzo Chigi per un armamentario complessivo che promette molto purché si faccia in fretta, in altre parole dobbiamo fare nel giro di mesi quello che avremmo dovuto cambiare in decenni.