Anno 2050, L’Aquila vive un boom demografico, un’oasi dove in molti hanno deciso di trovare rifugio dall’emergenza climatica, i cui drammatici effetti sono ormai evidenti e particolarmente pesanti nei grandi centri urbani, soprattutto in quelli vicino alle coste o in pianura. È uno scenario purtroppo realistico, tenendo conto delle previsioni del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, CMCC, secondo cui tra 30 anni, senza un’inversione di tendenza sull’emissione dei gas serra, in Italia i paradisi più ricercati in cui vivere saranno in altura, ad una o due ore di macchina massimo da una grande città dotata di aeroporto e stazione ferroviaria sulle linee dell’alta velocità, analizza in una nota stampa il capogruppo Pd, Stefano Palumbo.
Un identikit che rende la quota dei 100mila residenti, fissata in una mia precedente riflessione sul patrimonio abitativo, un obiettivo per la città dell’Aquila probabilmente riduttivo, ma che, a maggior ragione, impone la necessità di una discussione non più rinviabile sulle strategie da adottare per governare, senza subire, un processo che apre a nuove prospettive.
Se il 2030 è stato il target fissato per definire, dopo il sisma, quell’idea di città della conoscenza che sta prendendo forma superando anche i cambi al vertice dell’amministrazione comunale, L’Aquila 2050 diventa oggi, invece, l’orizzonte a cui traguardare ogni scelta di medio e lungo periodo. Magari proprio provando a ribaltare il paradigma che attribuisce alle città gran parte delle responsabilità sui cambiamenti climatici, nell’ambizione di porsi come parte integrante della soluzione. Riduzione drastica dell’inquinamento, del consumo energetico e dell’effetto “isola di calore urbano” sono obiettivi imprescindibili per rendere oggi una città più sicura, piacevole, salubre e quindi, rispetto agli scenari climatici, anche più attrattiva, scrive ancora Palumbo.
La dimensione globale del problema impone tuttavia di ragionare secondo un sistema di alleanze ed un’azione territoriale di livello quantomeno provinciale nella progettazione degli interventi che potrebbero trovare finanziamento nei fondi per il Next Generation Plan, un terzo dei quali sarà destinato in Italia proprio al tema della transizione ecologica. In tal senso i progetti su cui puntare sono già indicati nella nostra storia e nell’ambiente naturale che ci circonda, nelle montagne che ci rendono una piccola oasi capace, nel bene e nel male, di autoconservarsi.
Le risorse da valorizzare e tutelare sono proprio quelle che abbiamo da troppo tempo trascurato, ovvero le nostre acque, il patrimonio ambientale e boschivo, il patrimonio culturale. Quelle da implementare attengono invece alle infrastrutture tecnologiche e digitali, indispensabili ad assecondare le mutate e crescenti esigenze della società odierna che, grazie al telelavoro, alla robotica e all’ingresso nelle nostre vite delle intelligenze artificiali, potrebbero portare molti lavoratori non vincolati ad un luogo fisico dove esercitare la propria attività a riscoprire la qualità della vita dei centri minori che, passa anche, per l’appunto, da soluzioni smart. Da qui anche l’importanza dei collegamenti da garantire attraverso adeguate ed efficienti infrastrutture stradali e ferroviarie.
L’Aquila 2050, un’oasi da 100mila abitanti in cui i paradigmi di sviluppo del futuro, tecnologia, ambiente e qualità della vita, non siano transitivi ma fattori stabili di attrattività, conclude Palumbo.