Spopolamento, la città che cambia, case sul mercato in eccedenza, una qualità della vita che non c’è più, sono questi i fattori con cui fare conti i dopo il terremoto del 2009 che ha devastato la vita di oltre 72mila abitanti, con gli universitari fino a 100mila, preannunciando che niente sarebbe stato più come prima. La politica che amministra preferisce andare contro gli andamenti demografici che la storia registra, per dire che al contrario non c’è spopolamento, e che sulle 66mila e 964 persone censite dall’Istat nel 2011 c’è stato un errore, sarebbero sempre sulle 70mila, né vuole aprire gli occhi sulla verità vera, per cui serve la residenza per essere assistiti come sfollati, con fissi mensili che vanno dai 400 euro in su, fino a 700, oltre che per avere i soldi per riparare le proprie case. Sono un migliaio gli studenti che hanno lasciato L’Aquila, oltre 500 mancano tra gli iscritti alla scuola dell’obbligo, scrivono nel documento preliminare del nuovo Piano regolatore e quasi 400 alle superiori, in compenso abbiamo avuto 3mila iscrizioni in più all’Università, di certo perché fino al corrente anno accademico sono state sospese le tasse. A fronte di questo spopolamento studentesco, avranno lasciato la città altrettante famiglie, famiglie che stavano economicamente bene visto che L’Aquila aveva nel proprio tessuto lavorativo più che altro dipendenti pubblici e liberi professionisti oltre ai pensionati, che reggono l’economia, e che di sicuro avranno seguito famiglie e nipoti e il fatto che i negozi più cari siano in crisi, potrebbe essere la netta conseguenza di tutto ciò. Allo spopolamento studentesco, seguirà il destino dei quasi 4mila addetti tra scuola ed Università che rischieranno il posto, perché il loro numero deve essere per legge proporzionato agli studenti. La comunità si muove senza politiche socio economiche di rilancio e senza certezze per il futuro se non la sopravvivenza quotidiana. Sono segnali ignorati, che spuntano timidi solo dagli studi che i tecnici stanno facendo per il nuovo Piano regolatore, che tuttavia ragiona di una società che forse avremo tra mezzo secolo, sempre che l’impostazione sarà giusta.