Commercio, ristoratori ed esercenti non riescono a riaprire e chi sa se sopravvivranno. In Italia e all’Aquila. L’economia è cambiata, dovrà cambiare che cosa avremo in prospettiva?
Alla fine della prima settimana di giugno, Vittorio Colao, manager incaricato dal Governo Conte per rivedere il sistema Italia, finirà il suo lavoro. Forse avrà una proroga. Comunque dovrà proporre un rilancio per le Fasi 3 e 4.
Ha consegnato una decina di schede al presidente del Consiglio che riguardano telelavoro stabile, per una buona parte di lavoratori, riduzione dell’orario di lavoro a parità di stipendio e formazione per il resto delle ore ed ancora riforma strutturale della scuola che abiliti i ragazzi ad affrontare i nuovi lavori che avremo praticamente da domani. Colao ha incontrato in oltre 140 audizioni università, associazioni di categoria, sindacati, parti sociali, imprese, mondo della cultura, e lo ha fatto attraverso i sei gruppi di lavoro impostati per seguire aziende, istruzione, turismo, cultura, famiglie, pubblica amministrazione.
Serve una grande sterzata, serve sbloccare i grandi appalti, sburocratizzare, facilitare, ammodernare strutture, come scuole e ospedali; ed infrastrutture, come ponti ed autostrade, ripensare la grande industria, riconvertire il manifatturiero all’economia digitale della conoscenza, innovare i trasporti, puntare sul pubblico, blindare la sanità territoriale. Questo ha detto a Conte, toccherà a lui, ora, adottare una strategia.
Dovrebbe essere un piano per il rinnovamento del Paese con nuove tecnologie. Ammodernare il commerciale delle imprese, creare nuovi modelli organizzativi di lavoro e nuove condizioni guardando alla sostenibilità.
Tre settimane e finisce il mandato, sarà una strategia vera? L’Italia è pronta noi siamo pronti?
La nostra è una città terremotata e una città colpita come le altre dalla pandemia, ha un’economia in ginocchio come prima, peggio di prima, con un commercio ed una ristorazione alla canna del gas, ha però i grandi appalti da rilanciare con milioni e milioni di euro nelle casse, norme da semplificare, palazzi pubblici, scuole, chiese, nessuna azione forte che coinvolga un’intera comunità perché il problema è di tutti. Un sistema industriale da integrare nei nuovi percorsi, una pianificazione da immaginare con la città ancora da ripensare, digitale da capire, cultura da coniugare, il Gran Sasso da vitalizzare, c’è un grosso lavoro da fare, L’Aquila resta un osservato speciale perché continuiamo a chiedere risorse, ma non abbiamo molto da mostrare se non quartieri periferici dormitorio e centri storici a macchia di leopardo. Con un’economia polverizzata dal 2009, quando gli studenti universitari, all’indomani del 6 aprile, smisero di essere la rendita di una città perennemente senza visione. Una città che ha vissuto una vita di rendita immobiliare, poi è passata al sostegno pubblico, soprattutto a commercio ed esercizi, ed oggi neanche una proposta strutturata su cui ragionare per cambiare rotta. Almeno a provarci. Poi penso alla prima trincea di un territorio, il Consiglio comunale, mai così rabberciato.