La ricostruzione aquilana, si concentra da settimane sul Progetto case e sulle ragioni per cui c’è chi paga consumi e canoni e chi non li paga, con un debito crescente per le casse comunali di 10milioni e 300mila euro, un vicolo cieco in cui la città è stata cacciata dentro il quale non si riesce a parlare di altro. Il sindaco Cialente, inquisito dalla Corte dei Conti per danno erariale con gli assessori Moroni e Pelini e la dirigente incaricata Del Principe, per non avere riscosso canoni e consumi, non può inchiodare una città in ginocchio per settimane solo perché teme, con l’avvicinarsi del processo, una sicura condanna. Se ha sbagliato, deve pagare. La città ha avuto tutto in quasi sei anni solidarietà, assistenza, contributi per la ripresa socio economica, opportunità di rilancio con la candidatura a Capitale europea della Cultura 2019 ed una sfilza consulenti con cui rifare una città più bella, ecosostenibile, all’avanguardia dei consumi energetici e dell’informatizzazione, eliminando le brutture urbanistiche, restituendo alla città i monumenti più belli di prima e recuperando qualcosa come Porta Barete, sepolta dall’aggressività edilizia ed urbanistica degli ultimi decenni. Questi treni sembrano passati irrimediabilmente, erano troppo veloci, per una città che ha scelto di ripiegarsi su se stessa e di richiudersi in se stessa ancor di più di quanto non fosse sei anni fa. A pensare solo ai contributi per le storiche istituzioni culturali e musicali, e guai ad aprire a nuovi stimoli, dopo aver fatto fuori associazioni e collettivi di giovani che avrebbero voluto dare il proprio contributo ad una ricostruzione diversa. Li hanno fatti fuori, ed è sempre più difficile raccontare quel che di buono potremmo fare e le occasioni da cogliere, come il 2% dei capitolati da spendere per opere d’arte nella ricostruzione pubblica o come attrarre giovani ed intellettuali in una città che poteva aspirare a tutto. Senza presunzione. Invece andiamo sempre più a fondo, non si dibatte da anni su nulla, anche gli amministratori più capaci, ci fanno capire che bisogna pensare all’indispensabile e la comunità continua a sorbire con amarezza senza reagire. Forse andrà proprio come dicono, il sisma del 2009 sarà ricordato per i 19 quartieri dormitorio ed il loro progressivo declino, predominando ormai su qualsiasi altra dimensione di recupero e ripresa.