Il processo d’Appello alla Commissione Grandi Rischi, quella che il 30 marzo 2009, riunita d’urgenza all’Aquila, decise su ordine dell’allora capo della Protezione civile Bertolaso, di rassicurare gli aquilani sul fatto che non ci sarebbe mai stata una scossa distruttiva, non sta avendo il clamore atteso. Lo Stato che processa lo Stato, non pare più clamoroso del fatto che lo Stato proprio non c’è più, nel senso della cosa pubblica, a Genova non sono riusciti a fare i lavori per la messa in sicurezza dei torrenti, ma le risorse c’erano, a Pompei, non si riescono a spendere i milioni di euro europei per le manutenzioni, mentre è notizia di oggi del Corriere della sera che a vincere gli appalti, a Pompei, sono sempre le stesse imprese, anche all’Aquila, l’amministrazione comunale non è riuscita a spendere le risorse pubbliche disponibili per ricostruire le scuole e le proprietà, a cominciare da Palazzo Margherita, sede istituzionale per cui le Bcc misero a disposizione cinque milioni e più di euro, senza aprire subito il primo cantiere della ricostruzione, il cantiere simbolo che potesse dare un segnale forte agli aquilani. E’ uno Stato che manca, capace di spendere miliardi su miliardi per l’assistenza a seguito di calamità, incapace di ogni politica di prevenzione su un territorio ad altissimo rischio sismico ed idrogeologico, il premier Renzi ha dichiarato che stanzierà due miliardi di euro per la messa in sicurezza dei fiumi, non solo a Genova ma in tutt’Italia, un classico, quando c’è una disgrazia o qualche calamità, ricominciare a parlare delle cementificazioni e speculazioni edilizie che hanno rovinato il Paese negli ultimi cinquant’anni, ma basterà qualche settimana per dimenticare tutto. All’Aquila non è ancora stata completata la microzonazione sismica, cioè la conoscenza profonda di tutti i terreni del territorio così da capire con quali tecniche e se, ricostruire, alcune frazioni, altri Comuni, non l’avranno mai una microzonazione. Su alcune zone si torna a speculare come se niente fosse stato, abbiamo delle aree, definite dalla Protezione civile bombe ad orologeria, perché nei sotterranei sono cave, e non ci si può ricostruire se non con una seria messa in sicurezza ma si fa finta di nulla. Come su Pettino, il quartiere più popoloso e urbanizzato del capoluogo abruzzese, sulla faglia, dove non si doveva proprio costruire, siamo ripartiti come niente fosse. Nella foto, una cavità sotto la strada a Roio.