Odile Decq, esperta di urbanistica e pianificazione è un architetta francese di fama. Ad oggi studia i piani urbanistici di Ile Folien e di Huningue in Francia, e ha lavorato, tra le altre cose, al Macro, il Museo d’Arte contemporanea a Roma, su una facciata preesistente lasciata intatta, tante vetrate ad integrarsi intorno e degli interni molto innovativi, in un paesaggio urbano, quello romano, assolutamente surreale, dove l’avanguardia s’è inserita nella storia ma con uno studio dietro. Nella ricostruzione post sisma in Abruzzo l’innovazione s’è imposta sul preesistente senza regole, con palazzine in centro ritinte di lilla, in spregio delle malte trecentesche e con nuove costruzioni che più che innesti architettonici risultano veri e propri ecomostri, che nessun vincolo del centro storico, neanche il sisma ha potuto tanto, ha evitato. Non sappiamo cosa ci aspetti dietro l’angolo, quando saranno tolti i tendaggi a copertura dei cantieri potrebbe uscire di tutto, chi amministra il territorio non ha mai voluto concedersi sperimentazioni o progettualità che andassero oltre il cemento e la speculazione edilizia che ha mano libera ovunque. Nelle periferie, come nei centri storici. Il Piano regolatore a cui stanno lavorando dopo quarant’anni non cambierà il gioco, hanno volutamente escluso la possibilità di avere illustri urbanisti capaci di migliorare i contesti urbani terremotati. A fronte di un patrimonio storico architettonico distrutto, vincolato, e da rifare di certo com’era, c’è tutto quello residenziale che cresce e si moltiplica tra manufatti temporanei pronti a diventare definitivi, nonostante le aree a rischio sismico o idrogeologico in cui sono sorti, e con le new town votate ormai più al degrado, che non ad un’inventiva che possa caratterizzarle, almeno qualche quartiere. Una nuova pianificazione estetica, architettonica e di pregio, oltre che edilizia, dovrebbe studiare nuove destinazioni d’uso, recuperare l’edilizia abbandonata, inserire restauri importanti nei disegni futuri ed immaginare una nuova città all’avanguardia delle tecnologie, delle sperimentazioni architettoniche e delle vivibilità tra la storia e la contemporaneità di una ricostruzione con cui fare per forza i conti. Il Piano regolatore futuro sta contando solo i metri quadri che restano da costruire e pensando un centro storico esattamente a com’era cinque anni fa, giusto qualche punta di verde pubblico, così come nel Piano di ricostruzione.