Dal 2009 al 2019 a Roma si sono aperte 923 voragini, a Napoli ben 196, a Cagliari 112. I sinkholes antropogenici, termine tecnico per le voragini, iniziano tuttavia a manifestarsi anche nelle città del nord dove fino a qualche anno fa non si registravano eventi.
Dal 2009 al 2019 ben 42 voragini in Abruzzo, 16 in Basilicata, 65 in Calabria, 240 in Campania, 46 in Emilia – Romagna, 23 in Friuli Venezia Giulia, 967 nel Lazio, 36 in Liguria, 81 in Lombardia, 27 nelle Marche, 13 in Molise, 43 in Piemonte, 58 in Puglia, 141 in Sardegna, ben 175 in Sicilia, 29 in Toscana, 31 in Umbria, 47 in Veneto. E’ quanto ha riportato Stefania Nisio, geologa dell’Ispra, in apertura dei lavori della Conferenza sulle cavità sotterranee d’Italia, organizzata da Società Geografica Italiana, Ispra e Società italiana di geologia ambientale a Roma.
Il sottosuolo delle grandi città è una ricchezza ma anche un aspetto problematico che non va sottovalutato. Le cavità antropogeniche caratterizzano il tessuto urbano di molti capoluoghi di provincia italiani e di molti piccoli e medi centri e dobbiamo iniziare a pensare di fare i conti con questa realtà. Le cavità e gli ipogei dimenticati, infatti, possono dar luogo a cedimenti e al formarsi di voragini che assumono importanza e frequenza sempre maggiore nelle nostre città.
Per la conoscenza del sottosuolo, la comprensione e valutazione delle problematiche di rischio, è importante la documentazione storica, cartografica, fotografica e degli studi dei geologi ed archeologi che hanno operato nei secoli passati.
Ho personalmente condotto ben tre studi a Roma, ha poi spiegato Maurizio Lanzini, presidente della Sigea Lazio, per la valutazione geologica geotecnica della stabilità di reti caveali e del rischio di voragine, localizzate a villa Blanc via Nomentana, via Giannetto Valli e Monteverde, quest’ultimo relativo alla ricerca delle catacombe ebraiche perdute di Monteverde.
La presenza di ipogei di origine antropica in aree urbane determina condizioni di rischio per le persone e per le infrastrutture di superfici a seguito di fenomeni di subsidenza e di voragine; tale rischio presenta le maggiori problematiche in aree urbane. Tale rischio, rispetto ai rischi determinati da frane, alluvioni e terremoti, è spesso sottovalutato e oggetto di pochi studi di modellazione e valutazione del rischio di crollo, anche per l’incompleta conoscenza della presenza e degli andamenti reti caveali ipogee.
Da anni la Società italiana di geologia ambientale pone il tema delle cavità sotterranee al centro del dibattito scientifico, ha concluso Antonello Fiore, presidente nazionale della Sigea. Sono diverse le Regioni italiane come Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia, Sardegna, Umbria e Liguria, che vedono la presenza diffusa di cavità di origine antropica che spesso destano grande preoccupazione per la pubblica e privata incolumità.
La ricerca scientifica e gli studi storico culturali suggeriscono l’adozione di politiche di valorizzazione e utilizzo con ricadute socio economiche importanti.
Un utilizzo che non deve trascurare gli aspetti della sicurezza.
Su questo tema, come sugli altri argomenti d’interesse multidisciplinare, si deve partire dalle conoscenze acquisite storico culturali e tecnico scientifiche, le quali possono garantire una valorizzazione degli ambienti ipogei nel rispetto dei principi di sicurezza degli addetti ai lavori e dei visitatori. Sono molte le cavità di origine antropica che, rivestendo un interesse culturale, storico/religioso, paesaggistico/turistico, chiese rupestri, santuari, catacombe, frantoi ipogei, cantine ecc., rappresentano un potenziale da tutelare e valorizzare.