Le voci di dentro, è una commedia di Eduardo De Filippo che scava nella cattiva coscienza delle persone nel secondo dopoguerra, quello della ricostruzione sociale, etica e morale di una comunità dov’è difficile ricomporre le macerie, tanto quegli eventi hanno segnato le persone, la loro vita, le loro avidità. La commedia l’ha ripresa Toni Servillo, che ne cura la regia ed è in questi mesi nei teatri italiani con il fratello Peppe, per immedesimarsi ancor più in certi meccanismi familiari. Il protagonista Alberto Saporito sogna l’assassinio di un amico, è un sogno, ma arriverà a pensare che il suo amico l’hanno davvero ammazzato i vicini di casa, tra sospetti, coscienza sporca, invidie, nessuna solidarietà. E’ la caduta dei valori che porta con sé la guerra, e la ricomposizione difficile che ne deriva, nessuno può fidarsi più di nessuno è una drammaturgia popolare che descrive il mal pensare di tutti, dei protagonisti, della comunità che il dopoguerra non vede ancora rinascere e di chi assiste, il pubblico come chiunque altro possa guardare uno spettacolo brutto, fatto di cattivi sentimenti e diffidenza, dal quale non può sentirsi escluso, anzi ne diventa e ne resta parte integrante. Alberto Saporito, con la regia di Servillo, dice ad ogni spettatore che siamo tutti vittime dell’indifferenza e di un altro dopoguerra dove è dura ritrovarsi in valori veri, condivisi e comuni. De Filippo aveva lo sguardo lungo, uno sguardo che coglie anche la nostra comunità terremotata, distrutta e in macerie come ci fosse stata davvero una guerra a spazzare via i buoni sentimenti e la fiducia reciproca. Il sisma del 6 aprile 2009, non ha distrutto solo case, borghi, chiese ed architetture ma anche le coscienze, ci sono state e continuano ad esserci ruberie, assistenza statale cronica anche a chi potrebbe farne a meno, rinunciando a soldi pubblici che ben potrebbero servire alla ricostruzione. Una ricostruzione forse ancora più difficile nei valori, nella buona coscienza e nel ricominciare a credere che forse non tutti sono ladri e furbi, che forse del buono c’è ancora, ma il recupero diventa sempre più difficile perché cominciano ad imporsi diffidenza ed indifferenza, quelle stesse ombre di cui parlava De Filippo.