Il 25 novembre è la Giornata contro la violenza sulle donne.
Il 1522 del Telefono Rosa è un punto di riferimento per le donne che subiscono violenza. Il centralino è attivo tutti i giorni, 24 ore su 24.
Una donna può rivolgersi anche ad un Centro Antiviolenza.
Secondo le ultime stime del Ministero delle Pari Opportunità, nel 2017 in Italia c’erano 258 Case Rifugio, dove le donne vittime possono nascondersi e proteggersi e 296 Centri Antiviolenza, 108 in più, rispetto al 2013.
Il Centro antiviolenza all’Aquila è il Donatella Tellini, con Simona Giannangeli ed altre volontarie, cell. 3400905655, mail: centroantiviolenza.laquila@gmail.com; che fa parte della rete nazionale Di.Re. e da dieci anni è un luogo di accoglienza.
Secondo gli ultimi dati, in questi anni ha accolto 450 donne, circa 120 donne invece, si sono rivolte al Centro senza poi intraprendere un percorso. In maggioranza sono cittadine italiane e nel caso di donne migranti, più della metà legate ad uomini di cittadinanza italiana.
Nell’ultimo rapporto Questo non è amore della Polizia di Stato, nei primi nove mesi dell’anno, il numero delle donne uccise è calato di sole tre unità: dai 97 omicidi dello stesso periodo del 2017 si è passati ai 94 del 2018, di cui 32 femminicidi, i casi in cui una donna è uccisa per il proprio genere.
Ed è il contesto familiare quello in cui la maggior parte delle volte la donna subisce. Se sul totale dei casi di omicidio volontario commessi nei primi mesi del 2018, il 41% delle vittime è di sesso femminile, la percentuale delle donne uccise in ambito familiare e/o affettivo sale al 72 per cento.
La commemorazione del 25 novembre nasce nel 1960, quando i corpi delle tre sorelle Mirabal, Patria, Minerva e Maria, furono ritrovati in fondo a un precipizio. Catturate in un’imboscata, dagli agenti dei servizi segreti del dittatore Rafael Leònidas Trujillo, che per più di trent’anni ha governato la Repubblica Dominicana, furono torturate e brutalmente uccise, ricostruisce osservatoriodiritti.it.
Stavano andando a trovare i loro mariti in carcere, coinvolte in prima persona nella resistenza contro il regime.
Il loro nome in codice era Las Mariposas.
L’omicidio de Le farfalle scatenò una dura reazione popolare che portò, nel 1961, all’uccisione di Trujillo e quindi alla fine della dittatura. La data fu poi ricordata per la prima volta nel 1980, nel corso del primo Incontro internazionale femminista a Bogotà, in Colombia.
Da lì, il valore simbolico del 25 novembre a cui si affianca un percorso normativo.
La Conferenza Mondiale sui diritti umani dell’Onu del ‘93, si chiuse con la Dichiarazione di Vienna che spinse sull’eliminazione della violenza contro le donne nella vita pubblica e privata, di tutte le forme di molestie sessuali, sfruttamento e tratta delle donne, di pregiudizi di genere nell’amministrazione della giustizia e per lo sradicamento di ogni conflitto che possa insorgere tra i diritti delle donne e gli effetti dannosi di certe pratiche tradizionali o abituali, di pregiudizi culturali ed estremismi religiosi. In particolare l’assassinio, lo stupro sistematico, la schiavitù sessuale e la gravidanza forzata, richiedono una risposta particolarmente efficace.
La Conferenza Mondiale sui diritti umani sollecita lo sradicamento di tutte le forme di discriminazione contro le donne, sia nascoste che palesi. La Conferenza Mondiale sui diritti umani sollecita i governi e le organizzazioni regionali ed internazionali a facilitare l’accesso delle donne ai posti di livello decisionale e la loro più ampia partecipazione al processo di formazione delle decisioni. Richiede che vengano prese misure ulteriori all’interno del Segretariato delle Nazioni Unite, affinché si nominino e si promuovano staff di donne in accordo con la Carta delle Nazioni Unite ed incoraggia altri organi, tanto principali quanto sussidiari delle Nazioni Unite, a garantire la partecipazione delle donne a condizioni di parità.
Nel 2013 seguì la ratifica dell’Italia della Convenzione di Istanbul, Legge 27 giugno 2013 n.77 e la cosiddetta Legge sul femminicidio, la n.93 del 14 agosto 2013.
Ma a che punto siamo?
Dall’ultimo rapporto ombra dell’associazione Di.Re, Donne in rete contro la violenza, per il Grevio, organismo indipendente del Consiglio d’Europa, costituito da esperte/i che monitorano periodicamente l’applicazione della Convenzione di Istanbul, se il dato normativo formale in Italia ha avuto sviluppi concreti, lo stesso purtroppo non può dirsi per le risposte alle donne e figli/e che chiedono supporto per uscire dalla violenza.
E in questa caciara di rivendicazioni e di contraddizioni, di manifestazioni e contromanifestazioni, tra la ministra Bongiorno che ha proposto Codice Rosso, ma una norma sul femminicidio già c’è, e luoghi comuni da evitare, futuro da garantire alle vittime e linguaggi da modificare, come vorrebbe Lucia Annibali, e anche di bandiere a mezz’asta nel Comune dell’Aquila volute dal sindaco Biondi per il 25 novembre, bisognerebbe fermarsi e capire da dove ripartire.
L’ultima notizia di cronaca ha visto morire in queste ore il bimbo di 11 anni a Mantova, nella sua cameretta, soffocato dal fumo dell’incendio appiccato dal padre. Amava disegnare e voleva fare l’architetto, la scuola conosceva bene le violenze del padre su sua madre e sulla sua famiglia, ma non ha potuto fare nulla per salvare il piccolo. Bisognerebbe cominciare a lavorare su questi cortocircuiti.