22 Mar 20

Sanità pubblica, l’ora della telemedicina

Le ripercussioni che la pandemia di Covid 19 sta imprimendo alla nostra società saranno probabilmente definitive e non possono essere affrontate solo con le logiche emergenziali, dell’attesa della fine dell’emergenza. Questa fine per di più è molto al di là da venire, abbiamo di fronte ancora un periodo, speriamo più breve possibile ma che sicuramente comprenderà aprile e maggio, di misure di forte contenimento come quelle in vigore oggi, ma anche dopo ci sarà un periodo di allerta costante, di procedure e strategie di diradazione e distanziamento costanti, perché il virus non scomparirà, in più ondate o focolai si ripresenterà più volte fino al vaccino, o meglio alla sua produzione e all’organizzazione delle campagne di vaccinazione.

Insomma c’è molta strada da fare e non possiamo far finta che ogni giorno sia l’11 marzo, in attesa di qualche buona nuova dalla conferenza stampa delle 18.

Una delle prime esigenze è rimettere in piena operatività il sistema di assistenza sanitaria di base, medici, pediatri, ecc. Le ordinanze di emergenza hanno dato finalmente il via libera ad alcune innovazioni amministrative che, per remore corporative, ritardi amministrativi, culturali o tecnologici l’Italia non aveva ancora implementato, come la ricetta elettronica. O meglio, il problema era il promemoria cartaceo che bloccava il ricorso alla digitalizzazione. L’apparato normativo di questo mese apre vie alternative alla ricetta cartacea, e con un ampio ventaglio di opzioni che vanno dalla classica pec alla mail ordinaria, al telefono, sms, whatsapp, persino i messaggi via facebook, tutti strumenti con i quali il paziente può ricevere il numero di ricetta elettronica. I medici di base si sono inoltre attivati, come ordine e a titolo personale, per restringere fortemente il ricorso agli ambulatori, per i quali si deve di solito prenotare telefonicamente al momento, e nei quali si entra uno alla volta. La disponibilità dei medici sta assicurando consulenze telefoniche per aiutare il sistema, e gli utenti in Italia sembrano aver ridotto di molto il ricorso all’assistenza. Ma siamo ben lungi dal recuperare il gap tecnologico con altri Paesi dove la sanità digitale è una realtà e ha superato da un pezzo la fase di sperimentazioni.

La telemedicina ha infatti un ampio spettro di soluzioni possibili e campi di intervento.

Innanzitutto si potrebbe con facilità attivare il telemonitoraggio, che si sta sperimentando in alcuni ospedali del nord per controllare i pazienti Covid 19 che non hanno bisogno di ventilazione evitandone un’ospedalizzazione inutile, rischiosa per il paziente, visto l’affollamento dei reparti, e stressante per il personale sanitario. E in alcuni Paesi europei è da tempo attivo un sistema di vero e proprio teleconsulto, con visite a distanza prenotabili tramite app molto semplici da usare e visite in videochiamata attraverso le quali è possibile saltare del tutto anche la visita ambulatoriale in molti casi.

In questa fase stiamo cercando tutti di fare lo sforzo di usufruire il meno possibile del sistema sanitario, l’immagine dei Pronto soccorso vuoti è sicuramente un segno di assoluta comprensione del momento così come di una certa superficialità precedente, ma non è certo un’immagine realistica dello stato di salute degli italiani.  

 

*di Alessio Ludovici