01 Ago 23

Unesco, Venezia patrimonio a rischio

Venezia è stretta in una tenaglia tra spopolamento e overtourism che sta condannando la più bella città del mondo a un futuro da Disneyland. Lo denunciamo da anni, rileva in una nota stampa Sebastiano Venneri, responsabile territorio e innovazione di Legambiente, puntando il dito contro un eccessivo turismo di massa, le grandi navi, inutili progetti faraonici e l’ampliamento aeroportuale, la crisi climatica e l’aumento del livello del mare, che stanno mettendo sotto scacco una delle città più amate e visitate al mondo, la punta di diamante del nostro sistema turistico italiano, ma anche una delle città più fragili.

E’ notizia di oggi che l’Unesco voglia includere Venezia nella lista dei siti in pericolo. Secondo le agenzie di stampa internazionale, esperti Unesco hanno raccomandato di aggiungere Venezia e la sua laguna nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità in pericolo perché l’Italia non sta facendo abbastanza per proteggere la città dall’impatto dei cambiamenti climatici e del turismo di massa.

La città è Patrimonio mondiale dell’Umanità dal 1987.

Non solo cattiva gestione del turismo di massa, ma anche uno sviluppo urbano fatto senza valutazione di impatto, le imbarcazioni a motore e, più in generale, i problemi ambientali della laguna. Già nel 2021 l’Unesco aveva proposto dichiarare la città lagunare in pericolo, ma l’Italia reagì vietando l’ingresso delle grandi navi da crociera nel bacino e nel canale di San Marco o nel canale della Giudecca. Ma l’Unesco pare non abbia ritenuto sufficienti le misure adottate dal nostro Paese. Secondo gli esperti, devono essere compiuti ancora progressi significativi, per rendere il Mose totalmente operativo. Servirebbe una strategia a lungo termine per evitare cambiamenti irreversibili, con la perdita dell’autenticità storica, ritenendo che certi progetti di sviluppo urbano e uno sviluppo turistico incontrollato possano mettere in pericolo l’integrità della città lagunare.

L’organizzazione delle nazioni unite non prevedrebbe, per il momento, di ritirare Venezia dalla lista dei 900 siti del patrimonio culturale mondiale, l’inserimento di un bene nella lista dei siti a rischio dovrebbe tuttavia essere uno stimolo ad agire. Se la raccomandazione dovesse essere approvata, l’Italia si ritroverebbe in una lista che include 55 siti ‘in pericolo’ in Iraq, Afghanistan, Libia, Libano e Ucraina, tutti Paesi afflitti da conflitti o da carenza di risorse.

Quello di cui questa città d’arte ha bisogno è una risposta concreta in termini di interventi non più rimandabili: a partire dal piano nazionale di adattamento al clima che il Paese sta ancora aspettando e che rappresenterebbe uno strumento fondamentale soprattutto per le città costiere, tra le più colpite dagli effetti della crisi climatica. Senza dimenticare, continua Venneri, che l’altro pilastro su cui lavorare è quello di ripensare il turismo in una nuova chiave sostenibile e di qualità. Servono una nuova visione e strategie che vadano in questa direzione, come stanno già facendo diverse città europee contenendo i grandi flussi turistici. Se il turismo viene visto come il petrolio, questo è il momento di trasformarlo da fonte fossile a rinnovabile e sostenibile.

Il comitato che voterà sulla raccomandazione si riunirà a Riyadh, in Arabia Saudita, dal 10 al 25 settembre prossimi. Il caso di Venezia, che ha ospitato la celebrazione del 30esimo anniversario della Convenzione sul patrimonio mondiale nel 2002, dovrebbe generare ‘un’ondata di choc’, perché le autorità si muovano.

 

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