Questa città, non vuole fili conduttori. Chiunque viene vede il deserto, l’abbandono e la paralisi che al di là dei cantieri avviati con la firma delle Sovrintendenze, non mostra la rinascita che ci si aspetta, per cui chiunque abbia voglia, riesce a lasciare il proprio segno e la propria firma mancando completamente strategie e regole. A vedere una qualche volontà politica e amministrativa, proverebbero almeno ad entrare in punta di piedi, al contrario essendo terra di nessuno buona solo per cantieri, infiltrazioni mafiose, operai, sfruttamento, prostituzione, ruberie, cemento e lavori edili, diventa terra di frontiera. E nelle terre di frontiera oltre a non sentirsi mai sicuri e a doversi guardare sempre le spalle, vige la legge del più forte, potrebbe vigere quella di un Sindaco che potrebbe, per noia, voler abbattere anche un palazzo gentilizio settecentesco, e quella di chiunque comprendendo la sua volubilità, potrebbe avere la strada spianata per ottenere ciò che vuole. Potrebbe succedere, perché il banco è saltato da cinque anni. La città dell’Aquila affronta la ricostruzione senza un Piano regolatore, quello che abbiamo è del 1975, tutte le aree a vincolo decaduto sono state normate e rese edificabili, la gran parte dell’agricolo è stato edificato con scuole e case provvisorie e 19 nuovi quartieri dislocati nelle periferie e in più, migliaia di manufatti temporanei abusivi, abitativi e produttivi, saranno presto da sanare, nonostante siano sorti su terreni a rischio dissesto. Gli amministratori aquilani non hanno mai sentito la necessità di fare delle nuove regole urbanistiche uguali per tutti, hanno preferito la frontiera, non hanno mai scelto norme ferree per una nuova socialità ed aggregazione, ma hanno scelto solo l’assistenza, il centro storico è alla mercé di chiunque voglia rubare, deturpare, abusare ed oltraggiare di giorno come di notte è una città fantasma, gli anziani si lasciano morire o si suicidano, i giovani scappano, quelli che restano cercano di non pensare, non c’è lavoro, ma c’è camorra, sfruttamento, disoccupazione e disperazione, non c’è riqualificazione del tessuto urbano, ma scempi e speculazioni a completare gli abusi urbanistici degli ultimi cinquant’anni.