L’Aquila è una città terremotata ed è il primo capoluogo di Regione nella storia delle catastrofi italiane ad essere stato distrutto. Non capisco perché tutte le istituzioni, dal Comune all’Università, volano principe dell’economia aquilana pre sisma, si affrettino a rassicurare sui numeri. Non se n’è andato nessuno, gli iscritti sono sempre quelli, i residenti pure, ed i giovani non stanno affatto abbandonando la nave che affonda. Non farà bene alla comunità, questo fingere che vada tutto bene, questo voler dimostrare che non sia cambiato niente, dimostra solo che la classe dirigente di questa martoriata città fatica a guardare in faccia la realtà. Che nelle scuole ci siano 800 iscritti in meno rispetto all’anno scolastico 2008/09, 400 in meno alle medie e 400 in meno alle superiori, vuol dire che le famiglie di questi alunni e studenti hanno fatto le valigie. Dall’ufficio statistica del Comune, risultò che nel 2012, 1.200 giovani tra i 30 e i 40 anni avevano lasciato la città, una media di cento al mese dal post sisma, fare quindi un’operazione di narcosi sui cittadini per dire che è tutto esattamente com’era, offende l’intelligenza di quanti non si accontentano più, di vivere come zombie, e vorrebbero una vita vivibile nella loro città che dovrebbe aprire cantieri in centro storico a rotta di collo. L’Università guadagnava con gli studenti, la città intera muoveva la propria economia intorno alla popolazione studentesca tra pub, bar, supermercati e mercato immobiliare, per lo più a nero. Altri scandali futuri, dovuti alle sveltine di tanti proprietari che avevano dato le case a nero agli studenti, ma che tentano oggi di avere indennizzi, assistenza e contributi per la ricostruzione dichiarando falsamente, che in quegli alloggi vivevano loro. Una selva intricata di controlli che impegnerà la Guardia di Finanzia e le forze dell’Ordine per i prossimi decenni prima di poter avere un minimo di giustizia civica. Nel frattempo ci risparmino le bugie perché c’è stata una catastrofe e nessuna istituzione sembra averlo capito, né per la fretta con cui dovrebbe voler tornare in centro, né per lo studio di politiche economiche vigorose che puntino alla vera ripresa. Con orgoglio.