04 Gen 22

DAD ‘nemica’ nella città hi tech

DAD mai!. Convengono quasi unanimemente anche le scolaresche aquilane nella generale condanna della docenza telematica, che per un biennio di isolamento pandemico ha stravolto la tradizionale esperienza formativa in classe. Emerge da un sondaggio senza perimetri sociologici e definitività statistica, che mi ha fatto incrociare… a distanza, appunto, durante le vacanze estive  – grazie all’intervento di amici docenti di Belluno e Catania –  un campione di studenti di media inferiore e di maturi.

Sulla scorta di un questionario a risposta chiusa, articolato su 10 item tematici e 18 domande di autoverifica, mi è parso di cogliere dal Nord al Sud, passando per il Centro, innanzitutto una condivisa preoccupazione sull’impatto disgregativo, che la DAD avrebbe determinato nel circolo delle abituali amicizie. Circa il 55% degli interpellati tra i ragazzi dell’Aquila (dato pressoché identico nelle altre 2 città sondate) ha dichiarato di aver trovato in rete nuovi compagni, non necessariamente di studio.

E nel 43% dei casi il campione ha ammesso di aver addirittura disertato nel tempo libero  – non per colpa del lock down –  i consueti incontri del muretto, abbandonando definitivamente anche consolidate amicizie. Come sostanzialmente confermato da un’altra conclusione. Ovvero, un cospicuo 62% dei ragazzi, che hanno risposto al sondaggio volante, ha incolpato chiaramente la DAD di aver compromesso la sperimentata ‘apertura’ anche in quei compagni, solitamente frequentati in tempi ordinari di interscambio in aula.

Meglio è andata nelle relazioni con i docenti, giudicati, infatti, dal 70% dei discenti più comprensivi nelle stagioni di apprendimento da casa. Del pari le famiglie, considerate nella generalità non straordinariamente apprensive in DAd, con un diverso giudizio da parte del 36% del campione raggiunto, infastidito evidentemente per genitori da fiato sul collo. Difatti, il 73% degli studenti avvicinati si è riconosciuto più nervoso nel periodo di impiego formativo a distanza. Insomma, un bilancio psico-affettivo non certo edificante, che ha reso parecchio ‘indigesta’ la DAD.

Così hanno ribadito, in particolare, i ragazzi del campione scrutinato, magari condizionati dalla novità organizzativa, non dalla mediazione tecnologica. In una città dalla datata vocazione hi-tech: sul versante produttivo; per orizzonte occupazionale; nelle vertenze sindacali come nel profilo accademico dell’offerta di alta qualificazione ideativa e applicativa.

Un monito indiretto allora al mondo della scuola, perché dell’insegnamento domiciliato siano esaltate nel nostro territorio, ricco a suo modo di infrastrutture avanzate, più che l’operatività tecnologica, soprattutto l’ampia portata; la plurima  finalizzazione di un suo opportuno servizio, magari centrandolo su una cooperazione multimediale tra le diverse figure del settore. Perché se la DAD è figlia  – dicono gli specialisti –  della crisi dell’E-learning di terza generazione (quello, per intendersi, più assimilabile ai social), occorrerà rafforzarne l’impianto crossmediale per una realizzazione facilitatrice in senso dialogante ed auspicabilmente creativo.

Unico modo perché il medium in uso ai ragazzi non scarti la relazionalità, ma la riproponga in chiavi didattiche sempre più nuove ed opportune. Una sfida progettuale di valenza scolastica nazionale per la città smart! 

 

                                                                                                                       *di Paolo G. Rico