Una smart city, sarebbe stata una grande rivoluzione per un post sisma dell’era digitale, del risparmio energetico e della ricostruzione intelligente. Un processo difficile e praticamente già fallito, a cominciare dai sottoservizi. Eravamo partiti dai tunnel intelligenti, quelle gallerie enormi dove far transitare perfino i rifiuti, razionalizzare i fili volanti, digitalizzare una comunità anche nei servizi con veicoli elettrici, poco inquinanti ed un centro storico accessibile solo ai pedoni. Con una brutta mentalità pubblica, sono riusciti a sminuire l’operazione ad un appalto, inizialmente nelle mani della società partecipata del servizio idrico, che ha rivendicato a sé la gestione, vista la sua richiesta di fondi al Governo, l’aveva fatta prima di tutti, per riparare le condutture ridotte a colabrodo. Alla GSA, la Gran Sasso Acqua, si sono quindi accodati gli altri enti gestori, e la politica, che non s’è mai messa d’accordo, perché ognuno ha poi voluto il suo pezzetto di gestione. Alla fine è partito il primo lotto, da 30milioni di euro, sul mega appalto da 80milioni, che interesserà l’asse centrale del centro storico, e per una soluzione che non farà tunnel intelligenti, ma solo in alcuni punti si potrà entrare ad altezza uomo, a fare delle riparazioni. E non si sa più che fine abbia fatto o se sia mai cominciata, una rivoluzione culturale verso la smart city così da far correre insieme risparmio energetico, digitalizzazione e ricostruzione del patrimonio pubblico, con le nuove destinazioni d’uso degli immobili comunali, da studiare strategicamente, promuovendo da subito la chiusura del centro storico a qualsiasi accesso se non ai mezzi da lavoro per la ricostruzione e simili. Al contrario il centro è invaso giornalmente dalle auto, che lì parcheggiano senza problemi, i sottoservizi innovativi altro non diventeranno che scavi, dove saranno a mala pensa interrati i fili elettrici volanti, e poi tutto un ragionamento smart che non avremo per controllare emergenze, far scattare piani di protezione civile per seguire la popolazione, allertare digitalmente in caso di sisma o catastrofe o anche un cambiamento climatico. Nel dimenticatoio, sempre nell’ottica smart, anche la riqualificazione di luoghi di lavoro, come aveva consigliato l’Ocse, al fine di sostenere egregiamente la Candidatura dell’Aquila a Capitale europea della Cultura 2019, con tempi e spazi riorganizzati in maniera intelligente, riqualificando il vissuto, in chiave moderna. Per l’Aquila, praticamente fantascienza.