L’Aquila non deve degradare a periferia, scriveva Cialente nel programma di mandato del 2012. Sarebbe partito con l’asse centrale del centro storico per poi dare la massima priorità al ripristino delle funzioni pubbliche e amministrative, residenziali, artigianali e commerciali, di servizio nel centro storico e nelle frazioni. Più in particolare, specificava, per quanto riguarda il centro storico dell’Aquila, sarà incentivata e rivalorizzata la ripresa delle attività commerciali, di servizio, direzionali, istituzionali e della residenzialità, con attenzione particolare al ripopolamento da parte degli abitanti, gli unici in grado di restituire alla città l’identità di una comunità di vita realmente vissuta. Ed ancora il Teatro comunale pronto entro il 2013, spazi culturali sempre aperti e Progetto case da destinare a giovani universitari, almeno 200 alloggi entro la primavera del 2014, e poi a giovani coppie, precari, turismi e a giovani creativi, purché restassero all’Aquila. Sede unica del Comune in centro storico entro il 2015 e l’area di Collemaggio da orientare su progetti sociali e culturali. L’Aquila doveva diventare un modello di ecomodernità eliminando il traffico privato e con un sistema impianti tecnicamente avanzato per l’intero centro storico, Cialente s’era impegnato a consultare i cittadini per tutte le scelte impattanti sul territorio, in particolare le grandi opere e promise un progetto di infrastrutturazione sociale del Progetto case, perché ogni quartiere avesse il proprio spazio sociale, ma l’abbandono e la solitudine di questi posti e degli anziani, raccontano invece la realtà dell’isolamento. Cialente non ha realizzato una promessa elettorale piuttosto che l’altra, non riesce proprio ad intessere un filo logico che leghi in modo armonico le scelte che fa, consumando in maniera confusa mesi e mesi che diventano anni senza aver dato alla città una direzione, un verso, un inizio di nuova vita. E quei pochi palazzi finiti sull’asse centrale, che non riescono a tornare a vivere, la dicono lunga sul fatto che il centro storico resta inabitato, e dopo sette anni è una brutta china.