È morto oggi, all’età di 87 anni, Marc Augé. Accademico e studioso di scienze sociali e di antropologia, nacque a Poitiers il 2 settembre 1935, teorico dei nonluoghi, visti come luoghi di transito spesso vissuti nella quotidianità senza essere luoghi veri, senza essere relazionali, senza generare identità.
E’ del 1992 il suo libro ‘Nonluoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità’, in cui inquadra le società attuali dove miliardi di individui non abitano, ma lasciano flussi come nei circuiti comunicativi globali, che si incrociano senza incontrarsi e la solitudine di questi passaggi senza segni è sempre più profonda.
Per il sociologo surmodernità è la nuova modernità, connotata da specifici fenomeni sociali, culturali ed economici, tipici delle società complesse della fine del ventesimo secolo, è strettamente connessa alla globalizzazione e genera un nonluogo.
Nella surmodernità si vive in un eccesso di tempo, dove gli avvenimenti si amplificano e si moltiplicano ma finiscono presto nel dimenticatoio del passato e la loro fugacità non lascia spazio alla programmazione; in un eccesso di spazio, perché sono sempre più grandi le concentrazioni urbane dove tutto è accelerato, con un eccesso di individualismo dove ognuno, negli eccessi di spazio e di tempo, prova a cercare un percorso personale.
I non luoghi sono i nodi e le reti di un mondo senza confini e dal punto di vista strutturale risultano identici in qualsiasi punto del globo. Pensiamo ad esempio ai grandi centri commerciali oppure alle metropolitane.
I nonluoghi stanno soppiantando i luoghi antropologici quelli identitari, relazionali e storici. Sono al contrario, come teorizza Augé, tutti quegli ambiti adibiti alla circolazione, al consumo e alla comunicazione. Sono spazi della provvisorietà e del passaggio, spazi attraverso cui non si possono decifrare né relazioni sociali, né storie condivise, né segni di appartenenza collettiva. I nonluoghi sono prodotti della società della surmodernità, incapace di integrare in sé i luoghi storici confinandoli e banalizzandoli in posizioni limitate e circoscritte alla stregua di ‘curiosità’ o di ‘oggetti interessanti’. I nonluoghi sono incentrati solamente sul presente e sono altamente rappresentativi della nostra epoca, che è caratterizzata dalla precarietà assoluta, dalla provvisorietà, dal transito e dal passaggio e da un individualismo solitario.
Le persone transitano nei nonluoghi ma nessuno vi abita.
In altre parole, sono tutto il contrario della città storica nella quale le regole di residenza, la divisione in quartieri, delimitava lo spazio e permettevano di cogliere nelle loro linee essenziali le relazioni tra gli abitanti, teorizzava Augé fin dai primi anni novanta, guardando alle società di comunicazione di massa, oltre lo spazio e il tempo, nelle relazioni virtuali dove oggi, tutti, siamo iper connessi e soli.