Con il referendum consultivo sul Parco, si userebbe per la prima volta nel Comune dell’Aquila uno strumento previsto dallo statuto, che avrebbe potuto indirizzare scelte strategiche post sisma sentendo veramente la gente. Se il Consiglio comunale darà il via libera, il comitato promotore #SaveGranSasso, coordinato da Luigi Faccia, raccoglierà 5mila firme e per la prossima primavera potrebbe portare al voto degli aquilani due quesiti. Il primo, per rimodulare i confini dell’Area Protetta del Parco nazionale del Gran Sasso Monti della Laga e della Zona di Protezione speciale, per rivedere la superficie vincolata entro il Comune dell’Aquila, ed il secondo, per indirizzare il Comune ad impegnarsi perché si riducano le superfici considerate Siti di interesse comunitario, Sic, in aree già antropizzate e ricadenti sempre nella competenza ed autorità del Comune dell’Aquila. Lo scopo è quello di ridurre il potere del Parco, vissuto da chi lo governa, non tanto come autorità garante della conservazione dell’ambiente, quanto come ducato che vive fuori dalle esigenze della popolazione aquilana e pedemontana ed userebbe fondi comunitari per consulenze e studi che nulla portano al territorio. In ballo non c’è tanto il fatto speculativo, quanto la possibilità di crescere che il territorio vuole poter scegliere, d’altra parte il Piano d’Area approvato e le possibilità che qualche imprenditore voglia investire, devono coincidere con l’opportunità di fare qualcosa, nel rispetto dell’ambiente e secondo le aspettative delle popolazioni. Secondo Cialente è un errore uscire dal Parco come entità, mentre spetta alla Regione Abruzzo rideterminare i confini Sic, non può sfuggire la voglia sempre più forte della gente di riappropriarsi della propria montagna ed autodeterminarsi nel proprio futuro. Il che significherebbe anche controllare la riproduzione dei cinghiali, semplificare l’uso dei pascoli ed il taglio dei legnami nei boschi tutelati, da non toccare e per questo lasciati al degrado o esposti agli incendi e comunque liberare da vincoli restrittivi, zone in cui sono presenti strutture ed attività turistiche. Chi vede in questo uno scempio è culturalmente immobile.