800 i frammenti di terracotta polverizzata, raccolti all’indomani del sisma del 2009 dalle macerie nel Castello dell’Aquila, allora sede del Museo Nazionale d’Abruzzo, spiega ufficialmente il MuNDA.
Erano della statua del 1512 di Saturnino Gatti, un Sant’Antonio abate, figura centrale nella devozione popolare, ritenuta irrecuperabile dai tecnici che si adoperarono al recupero delle opere già dal maggio del 2009.
Il primo step dell’allora Soprintendenza BSAE, ricorda il Museo in un nota, fu appaltare la catalogazione dei frammenti.
Il consorzio Le Arti elaborò lo studio di fattibilità attraverso la ricomposizione appassionata e certosina dei frammenti per restituire la scultura, dopo un lavoro che ha impiegato una sofisticata struttura di sostegno ai tre moduli che compongono la statua.
Anche quest’opera, conclude il MuNDA, proviene da quello scrigno prezioso che è stata la chiesa di Santa Maria del Ponte, custode del Trittico di Beffi e del presepe di Saturnino Gatti, luminoso incunabolo dell’arte abruzzese.