Fabio Andreassi, docente all’Università di Sassari, già professore all’Università dell’Aquila, della Calabria e di Roma La Sapienza ha presentato ieri, nella sede dell’Auditorium Ance, il volume Riscritture urbanistiche, con i suoi scritti ed interventi rivisti e corretti, più inediti su L’Aquila e sul cratere sismico, di oltre venticinque anni di lavoro.
Il libro è stato illustrato con il presidente dell’Ance L’Aquila, Adolfo Cicchetti, e con il professor Paolo Scopano, assessore comunale all’Urbanistica negli anni settanta, quando fu approvato, nel 1975, il vigente Piano regolatore generale.
Com’erano quegli anni?
Sono stati decenni molto particolari, c’è stata la caduta del muro di Berlino, abbiamo superato crisi politico/economiche di quegli anni e poi il 2009 che ha inciso pesantemente sulla città.
Avremmo potuto ridisegnare una città eliminando le brutture degli anni ottanta/novanta?
Sicuramente è stata un’occasione mancata. Ma le trasformazioni sulle città sono il frutto di ragionamenti di quel preciso periodo storico ed in quel momento è stato fatto questo. Non hanno scelto di eliminare le grandi palazzine in centro storico è un dato di fatto di cui prendere atto. Avremmo potuto migliorare alcune porzioni urbanistiche, ma l’iniziativa immediata fu più per la tenuta sociale che non per una profonda rivisitazione urbanistica della città.
C’è ancora tempo per intervenire e fare qualcosa?
Senza dubbio sull’ingente patrimonio pubblico c’è molto da fare. La ricostruzione pubblica è praticamente da iniziare e c’è l’immenso patrimonio da ridisegnare, destinare a nuova vita, pianificare perché abbia funzioni diverse e migliori la vita di tutti i cittadini.
Stiamo lavorando da anni al nuovo Piano regolatore, servirà ancora?
Servirebbe sicuramente più un lavoro di ricucitura del territorio, per rigenerare armonie urbanistiche. Noi preferiamo pensare di lavorare dove sono i problemi quindi impostare dei Piani urbani per riqualificare aree che necessitano di essere riqualificate più che un disegno generale che potrebbe non approfondire alcune criticità delle città e dei centri storici. Del capoluogo come delle frazioni, bisogna intervenire dove serve.