E’ stata presentata stamattina, la quarta edizione de I Cantieri dell’Immaginario (nella foto, Fabrizio Bosso), il progetto speciale finanziato dal Ministero dei Beni culturali dopo il sisma, che in questi anni, nonostante la legge non lo consentisse, ha sostenuto enti ed istituzioni già sovvenzionati dal Fus, il Fondo unico per lo spettacolo. La senatrice Pezzopane, vista l’incertezza dei fondi per quest’anno, vista anche la riforma del Mibact per cui quei fondi fissi non saranno più così certi, ha ufficializzato il proprio impegno a garantire parte del 4% dei fondi per la ricostruzione, che la norma vincola alla ripresa economica, a sostentare queste istituzioni. Non c’entra più la qualità di una proposta, il merito o il valore creato da ciascun operatore, come recita una nota ministeriale che ridisegna il sistema delle contribuzioni, ma solo il fatto che queste istituzioni storiche devono ormai pagare stipendi e assunzioni fatte negli anni dalla politica e che vanno sostenute a prescindere dalla loro offerta. Questo perseverare taglierà le gambe a molte proposte nuove che non avranno spazio, e con l’avallo dell’amministrazione civica, l’assessora alla cultura Betty Leone preferisce infatti la parola sostegno alle attività produttive piuttosto quella più fresca ed includente della ripresa economica, aperta anche a nuova linfa. Il miraggio del 5%, con la nuova legge sulla ricostruzione 4%, dei fondi destinati alla ripresa viene ogni giorno che passa risucchiato da un ritorno ad una specie di quotidianità ordinaria, ma allucinante, perché è tutto distrutto, dove non c’è innovazione, nuovi slanci e proposte per rinascere, ma tutto si muove per tornare esattamente a dov’eravamo sei anni fa, ad una cultura morta e blindata nei sostegni a pioggia garantiti a chi nei decenni ha perso anche quel minimo di passione artistica, che pur muove certe attività. Non abbiamo avuto la candidatura a Capitale europea della Cultura 2019, L’Aquila, anche se favorita, non è rientrata tra le finaliste, non abbiamo progetti per entrare in circuiti europei come quello delle Città creative, non c’è nulla che partecipi la città a nuove linfe, né la politica che la regge pare adeguata a buttarsi su altre cose o altre facce per avere un futuro, oltre che il passato.