Una delle questioni più vergognose del post sisma in Abruzzo, è quella culturale. Dopo essere stata bocciata, per la candidatura a Capitale europea della Cultura 2019, L’Aquila, che non è stata selezionata neanche tra le finaliste, non riesce a far di meglio che sopravvivere con le vecchie istituzioni gloriose d’un tempo, e lì muore, per mano dei suoi amministratori. L’Ocse, aveva consigliato qualche restauro di pregio, nuovi modelli di vivibilità urbana sostenibile, in spazi direzionali organizzati in maniera innovativa, aveva consigliato una serie di strategie, ed i soldi, non sono certo mancati, per poter concorrere alla difficile candidatura. Per la senatrice Pezzopane, ancor prima assessore alla cultura della Giunta Cialente, la strategia è stata questa: se ci date i soldi, finiremo L’Aquila e questa sarà la nostra sfida alla cultura, questa è la storia. Della cultura aquilana, della vera cultura aquilana, quella di Gigi Proietti e di Carmelo Bene o di Nino Carloni, dei fratelli Ciarletta e dei tanti benefattori che fecero crescere il capoluogo, non resta nulla. La città in cinema che richiamava registi e cineasti di fama mondiale per settimane è durata poco, come la gloriosa storia del Cinema Massimo, che ha orgogliosamente proiettato le gran parte delle prime cinematografiche, rendendo L’Aquila una città davvero all’avanguardia è abbandonato, non essendo stato tra le priorità della ricostruzione post sisma. Una cultura erosa negli anni, da chi ha voluto per forza un posto in quella storia, purché distribuisse foraggio utile a far tirare avanti enti e istituzioni di stipendiati, senza più alcun guizzo o creatività. I Cantieri dell’Immaginario (nella foto Fabrizio Bosso), che si tiene da qualche anno dopo il sisma, pensato intorno al centro storico distrutto, per farlo rivivere con spettacoli teatrali, di danza e musicali, ha avuto centinaia di milioni dal Mibac, come finanziamento straordinario al territorio, ma non ha fatto altro che far beccare sempre le stesse istituzioni, nonostante il decreto vietasse di attingere al fondo, qualora i vari enti, ed è così, fossero già sostenuti dal Fus, il Fondo unico per lo spettacolo. Forzature sulle quali non è mai arrivato alcun controllo, facendo di fatto fuori ogni energia nuova, di giovani artisti che hanno al contrario bisogno di spazi e di luoghi dove esprimersi. E’ una città che non ha vie di mezzo.