Dicevamo dell’iniziativa Ance oggi a Parma per accelerare i processi di rigenerazione urbana sollecitando la politica a rivedere la norma. Le abitudini devono cambiare perché è cambiato il clima e perché la pandemia impone di rivedere i nostri modelli urbanistici, il modello espansivo che ha caratterizzato lo sviluppo dei centri urbani nel passato, oggi non si concilia con i nuovi obiettivi di sostenibilità e di contenimento dell’uso di suolo naturale, con la rigenerazione di immobili e aree, per restituire qualità e vivibilità ad un costruito vetusto, energivoro e insicuro.
Per gli edili, peraltro, l’attuale legislazione urbanistica nazionale risulta totalmente superata, non è possibile governare le trasformazioni urbane con leggi e decreti che risalgono al 1942 o al 1968 e in generale con tutti quei provvedimenti normativi incentrati sul modello di sviluppo territoriale in espansione.
La definizione di rigenerazione urbana dev’essere una e di interesse pubblico così da beneficiare di incentivi urbanistici, economici, fiscali e di semplificazioni procedurali, è il primo punto del decalogo proposto in un confronto itinerante partito mesi fa. Serve una struttura di coordinamento nazionale e un Fondo per la rigenerazione urbana nel quale far confluire tutte le risorse disponibili è il punto due. C’è poi il contenimento del consumo di suolo, cioè l’obiettivo di non degrado di terreno entro il 2030 e di occupazione netta di terreno pari a zero entro il 2050, che dovrebbe diventare principio fondamentale del governo del territorio, prevedendo in caso di consumo di nuovo suolo la rinaturalizzazione, la de-impermeabilizzazione o la bonifica di suolo già consumato. Ed ancora un nuovo sistema di pianificazione urbanistica a carattere perequativo che sia in grado di trasformare la città contemporanea, indirizzando le risorse generate al finanziamento dei contenuti pubblici del piano urbanistico come scuole e strade. Aggiornare le norme urbanistiche, individuando nuovi standard improntati non solo alla quantità di aree per usi collettivi, ma anche alla qualità e alla concreta prestazione dei servizi. Premiare le operazioni di rigenerazione urbana riducendo gli oneri di costruzione con particolare riferimento agli interventi su edifici abbandonati, dismessi, degradati, anche ubicati nei centri storici. Incentivare e semplificare le modifiche alle destinazioni d’uso degli edifici, anche promuovendo l’utilizzo della Scia e di tutti gli istituti fondati sull’asseverazione e ricorrendo a una conferenza di servizi semplificata e accelerata. Superare l’immobilismo passando da una logica di mera conservazione, a una logica di rigenerazione, attraverso il recupero e la riqualificazione degli edifici e dei complessi incongrui o degradati. Consentire interventi sull’edificato anche oltre il restauro e risanamento conservativo, attraverso opere che, pur nel rispetto degli elementi tipologici e identitari, possono implicare un’innovazione funzionale, energetica e tecnologica in linea con i nuovi standard di qualità dell’abitare. Introdurre poi un regime fiscale che premi gli interventi di rigenerazione urbana, anche attraverso il coinvolgimento di capitali privati con l’obiettivo di incentivare la riqualificazione e l’efficienza energetica degli edifici. Ed infine semplificare e incentivare, attraverso una riduzione degli oneri, tutti gli interventi che riducono i consumi energetici ma in particolare quelli che puntano a ridurre di oltre il 50% i fabbisogni termici degli edifici, garantendo la possibilità di ridisegnare completamente le facciate in modo da raggiungere gli obiettivi energetici, migliorando la qualità e la vivibilità degli alloggi.
Un decalogo riproposto oggi nel confronto ‘Com’è bella la città’, organizzato al Teatro Regio di Parma.
Abbiamo bisogno di strumenti diversi e di qualcosa di veramente concreto affinché si possa cambiare, ha detto il presidente Ance Gabriele Buia. Negli ultimi 26 anni ci sono stati 76 provvedimenti in 6 legislature. Dobbiamo spendere in fretta i 9mld e 1 di euro che il Piano nazionale di ripresa e resilienza mette a disposizione delle città per le rigenerazioni urbane, sui circa 48mld destinati alle città e ai territori, non possiamo lasciare andare questa grandissima opportunità.
I 9mld e 1 nel dettaglio prevedono: 3.3mld per il programma di rigenerazione urbana; 3mld per i piani urbani integrati; 2.8mld per il programma innovativo nazionale per la qualità dell’ambiente, PinQuA.
Fuori dalla rigenerazione abbiamo: 12.7mld per università, scuole e asili; 2.7mld per la cultura; 4.7mld per inclusione e sanità; 7mld per la mobilità sostenibile e 12 mld per le infrastrutture urbane.
Oltre agli 80mld, sempre per la rigenerazione, del Fsc, Fondo sviluppo coesione e la programmazione europea 2021/2027, per i quali servirà l’accordo di partenariato.
Ingenti risorse che i costruttori vogliono spendere presto e bene. Il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, presente all’incontro, ha assicurato un prossima norma sulla rigenerazione urbana, chiaro che l’iniziativa dei costruttori dovrà essere contemperata dalle esigenze della collettività, del pubblico e dei paesaggi urbani purché passi il principio perché è urgente rigenerare le città, le periferie e bisognerà farlo in fretta, ma con urbanisti ed esperti dello spazio pubblico e dell’edificato al di là delle esigenze di fare cantiere.