Lentamente L’Aquila scivola nel torpore di sempre. Torniamo all’ordinaria amministrazione di una città che non ha mai funzionato, che ha avuto l’economia sempre in crisi, che non ha mai sfruttato il turismo, la cultura, i propri beni, una città sporca, maltenuta, trasandata, senza regole per il centro storico con le manutenzioni al minimo e le case nobiliari e borghesi lasciate per lo più alla decadenza, senza aver fatto mai, in decenni, forse secoli di storia, un tetto nuovo, finestre nuove, senza averci speso una lira per le migliorie. Con una serie di abusi edilizi, tanti, tutti sanati e tutti fatti con i piedi senza controllo delle Sovrintendenze perché regole non ce ne sono mai state, cioè il centro storico aquilano non è mai stato vincolato come unicum monumentale, ci provò qualche direttore regionale, forse con le piazze, ma niente di importante, tanto che nei vicoli, strade, palazzi antichi e moderni non era per niente strano vedere garage scavati nella pietra e in cemento armato, superfetazioni con piani rialzati contro legge e poi sanati, ed ogni scempio urbanistico che la politica scellerata degli ultimi anni ha consentito. Quindi L’Aquila, non è mai stata rispettata veramente nella sua storia oggi però ci si inquieta solo perché con un sano realismo ricordiamo chi siamo e da dove veniamo. Questi siamo, sempre poco attenti al territorio, ma non abbiamo mai permesso a nessuno di dircelo, noi si, gli altri no, e non è bastato un sisma devastante a modificare il dna collettivo, siamo sempre quelli, anzi ci siamo geneticamente modificati migliorando i nostri geni, siamo più raffinati nelle speculazioni urbanistiche, usufruiamo anche degli aumenti di cubature consentiti dal Piano casa, non abbiamo alcuna certezza di ricostruire meglio di prima, tanto le imprese devono correre per aprire e chiudere i cantieri in men che non si dica altrimenti non incassano e su tutto, il controllo pubblico sulle architetture le malte ed i colori usati nella ricostruzione non è che sia così rigido. Nel centro storico le auto corrono da mattina a sera cantieri aperti o no, i puntelli non sono più garantiti, degradano con gli anni, marciscono ma importa poco. Continuiamo a sognare la città che c’era, un po’ troppo romanzata dopo cinque anni, odiata perché troppo provinciale ed oggi rimpianta così com’era senza riuscire a pensare un’altra vita, nuova e diversa, perché è cambiato tutto. E rimaniamo immobili.