Qualche giorno fa, IlSole24ore raccontava di una decina di esempi di innovazione/rigenerazione urbana che andrà a Venezia per la Biennale di Architettura in apertura il 22 maggio prossimo. Laboratori a Bologna, Aquileia, Prato e Padova, Enna e Modica.
La cultura del progetto che fa la differenza. La visione e l’intelligenza delle pubbliche amministrazioni nel saper applicare le idee e aver avuto il coraggio di realizzarle. Flash, che il quotidiano economico ci sbatte sotto il muso, per ricordarci che 16 realtà hanno fatto la differenza perché hanno avuto fegato e lungimiranza.
Mi sarebbe piaciuto vedere L’Aquila, con almeno tre progetti di riqualificazione urbana realizzati in dodici anni di ricostruzione, con oltre 6miliardi di euro di pratiche, ma neanche un fiore all’occhiello. Ne prendiamo atto ancora a fatica eppure ci assataniamo come ossessi per dire che a Porta Leoni non si rispettano le mura urbiche, con un parcheggio che nascerà con questa amministrazione, quando la passata, di amministrazione, oltre al solito vecchio commerciale, al piano terra dell’ex rimessa, avrebbe valorizzato la fruibilità delle mura con un intervento misto pubblico/privato, pensato dal dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze che, dal disegno proposto allora, non sarebbe stato altro che il solito strutturone in cemento stile anni settanta. Questo scrivevo e questo era il livello della discussione, con l’aggravante che dodici anni fa, chi allora aveva le mazze in mano avrebbe potuto fare di più e quanto avrebbe dovuto ricucire, cioè i progetti definiti strategici, non ha fatto altro che sbrindellare definitivamente un tessuto urbano già minato nelle fondamenta dalle brutture degli anni settanta/ottanta che non abbiamo voluto togliere, perché doveva comandare il com’era e dov’era. E questa è storia.
Discutere oggi sulla quantità di cemento da portare nei vecchi siti Ater a Porta Leoni sa quindi di presa per i fondelli, in una città, che non ha voluto un Piano di ricostruzione perché ritenuto inutile.
Mi ha colpito Prato. Il progetto Prato Urban Jungle, la giungla urbana di Stefano Boeri Architetti. Una rinaturalizzazione del territorio urbano. La giungla che colonizza gli spazi collettivi. Le Urban Jungle che coprono di piante e alberi le facciate degli edifici esistenti. Nuovi standard abitativi, boschi urbani per mitigare l’impatto di un viale ad alta percorrenza, facciate verdi innovative, giardini di socialità per le residenze popolari, rinnovata qualità urbana e capacità di attrarre, spiega StefanoBoeriArchitetti.net.
Ed ancora, per tornare a volare con IlSole24ore, tra l’altro, nella città toscana sono partiti i lavori per il grande Parco di tre ettari che prenderà il posto dell’ex ospedale, dismesso dal 2014, e da poco demolito, lasciando spazio al progetto nato da un concorso, firmato Obr con il paesaggista francese Michel Desvigne: sarà il più grande Parco d’Europa dentro le mura antiche. E sicuramente sarà un progetto che farà discutere, che dividerà e che animerà il dibattito, che piacerà/non piacerà, ma sarà argomento palpitante/appassionante.
Qua, invece, continuiamo a spacciare per appassionante ciò che tutto è, tranne arte, architettura, progetto, passione, visione, perché poi la visione che avremmo dovuto avere, avrebbe forse dovuto comprendere sì Porta Leoni con il sedime ex Ater, ma almeno anche il distretto e tutta l’area che avrebbe presto dismesso il demanio militare financo a lambire l’ex scuola elementare de Amicis per capire se ci sarebbe piaciuto magari abbatterla e recuperare un vuoto e una piazza con la facciata del Teatro stabile a fianco alla basilica. Tutto questo e tutto quello che avrebbe potuto essere ci è stato negato, chi ha provato a cambiare il corso delle cose per una visione complessiva è rimasto solo e nulla ha potuto, contro tanta chiusura e incapacità di affidare il futuro della città in mani diverse che non fossero le proprie. Dunque, di che vogliamo parlare oggi?