27 Feb 23

Pd, dentro al partito fuori dal partito

Elly Schlein prima donna a guidare il Pd. Meloni: ‘Una giovane donna può aiutare la sinistra a guardare avanti’. Vince con il 53,8% contro il 46,2% di Bonaccini che commenta ‘Le faccio un applauso. Adesso tocca ad Elly indicare la strada’.

Una strada in salita? Sì, certamente sarà una strada in salita. Parole pronunciate al momento della vittoria come “Insieme”, “Scelte chiare” o “Cambierà tutto”, dovranno ora diventare progetto, in un ragionamento in cui dovranno riconoscersi alla luce del sole i militanti del partito, anche se hanno votato Bonaccini, anche se non vogliono mollare l’osso, e se sarà “Rivoluzione”, solo i fatti potranno dirlo.

Non si capisce se sarà davvero la fine di quel Pd, né carne né pesce, che tanti militanti ha visto allontanare e tanti ex della Margherita spingersi su futuribili centrismi, perché quella fusione a freddo voluta da Veltroni nel 2007, tra Democratici di sinistra e Margherita, ha lasciato in questi anni a ognuno le proprie ragioni, svilendo ogni giorno di più quelle di una sinistra sempre più sbriciolata e imborghesita, tanto da consegnare le periferie alla destra sociale, e il precariato col salario minimo garantito ai 5 Stelle, con i quali, tanti militanti di centro sinistra e di sinistra, continuano a non voler avere nulla a che fare.

Certo è che di defezioni ce ne sono state tra i fondatori. Alla sua nascita, il Comitato 14 ottobre fu criticato per l’età media dei componenti: “Vecchi saggi”, li definivano i critici. Eppure tra i navigati politici chiamati da Ds e Margherita a patrocinare la nascita del nuovo partito mancava un illustre vecchio saggio: Giorgio Napolitano. Non poteva esserci, era stato eletto Presidente della repubblica l’anno prima. E del resto Napolitano non è neanche mai entrato nel Pd. Anche se, da semplice senatore a vita, partecipava in maniera attiva alla vita politica dei Democratici di sinistra, ricordava un articolo su Internazionale di qualche tempo fa.

D’altra parte con la fusione a freddo, ancor prima che si facesse il partito si dovevano fare i dirigenti e spartire i ruoli che furono decisi a tavolino, e fu il primo fossato scavato tra gli oligarchi, che con la sconfitta di Bonaccini, forse, cambieranno approccio, e il resto delle persone che nei decenni a seguire, sempre più spaesato, ha preso le distanze. Dentro al partito fuori dal partito, il Pd è diventato negli anni un nugolo di moderati incapace di riconoscere temi come lavoro, precarietà, giustizia sociale, scuola/sanità pubblica, pensioni.

Ancora l’8 febbraio 2006, pochi mesi prima di essere eletto Presidente della repubblica, Napolitano scriveva un articolo molto critico sulla prospettiva della nascita del nuovo partito. Si concludeva così: ‘Se si tendesse con superficialità, sulla base di approcci frettolosi e in qualche modo strumentali, a un nuovo sbocco politico e organizzativo chiamato ‘Partito democratico’, si rischierebbe di dissolvere più che di costruire’.

Il messaggio è arrivato tardi, Napolitano lo intuì prima, Schlein dovrà dimostrare di essere diversa, dovrà lavorare non per lo scacchiere della dirigenza ma per aprire alle persone, perché sentire dire militanti, com’è capitato ancora di recente, il Pd lo puoi capire solo da dentro, porterà all’affossamento definitivo di un partito che in 16 anni non ha costruito granché, mentre è già iniziata la corsa dei centristi ad accaparrarsi gli scontenti.