Sarà la mostra antologica Vincenzo Bonanni 2008/2018, ad accompagnare dal 29 settembre prossimo al 4 novembre, la riapertura del palazzo nobiliare Pica Alfieri all’Aquila, dopo il sisma del 2009. Conferenza stampa questa mattina alla vecchia Libreria Colacchi, alla presenza delle autorità, della Sovrintendente unica Alessandra Vittorini, con il curatore del restauro Antonio Di Stefano. Luogo nevralgico per la città dell’Aquila, centro politico e culturale di un passato glorioso, sin dalla fondazione, ha accolto nelle sue stanze i conti Lalle Camponeschi, i conti Franchi, i principi Colonna, i principi Barberini e i marchesi Pica Alfieri che ne detengono ancora la proprietà delle porzioni più rappresentative e meno alterate dagli interventi pregressi, scrive Di Stefano in una prefazione ad una pubblicazione. Uno scrigno d’arte e di storia, uno spazio architettonico in cui il dinamismo del barocco con i suoi stucchi, le sue dorature in foglia d’oro, i suoi damaschi, la sua teatralità, coesistono e si fondono con porzioni più antiche talvolta sottomesse, dalla storia e dal tempo, a ruolo secondario. Di qui la complessità del restauro che, in oltre tre anni di lavori, ha impegnato la Soprintendenza, nelle sue competenze e professionalità coinvolte, in un cantiere sempre aperto a spunti di riflessione, indagini conoscitive, ricerca e studio di rinnovato interesse. E così nelle parti crollate in camorcanna delle volte della Sala dei Campanelli, della Galleria, della Cappella Patrizia o del Cassettonato della Scala Nobile si è optato per la loro integrazione, in luogo di tecnologie più moderne, riproponendo la tecnologia antica della sagomatura delle centine in pioppo, dei chiodi, delle canne intrecciate e dell’intonaco a calce. Non sono mancate impreviste ma gradite scoperte a testimonianza delle varie epoche come i due archi a sesto acuto che, dopo essere stati celati per tre secoli, si riaffacciano imponenti sul Cortile Principale a ricordare i fasti del periodo del Palazzo del Capitano. Il fronte principale danneggiato dal sisma, il cui disegno originale del 1700 su pergamena è conservato negli archivi di famiglia dei Pica Alfieri, è stato interessato da un paziente lavoro di restauro conservativo che ha consentito di reintegrare le lesioni provocate dal sisma, di riportare alla luce l’antico colore, precedentemente degradato dagli agenti inquinanti, di mettere in evidenza la finezza dell’apparato lapideo e di recuperare la balaustra della balconata fortemente compromessa dagli eventi sismici del 6 aprile 2009. Le sale del piano nobile e di tutti gli spazi di rappresentanza hanno mantenuto le finiture e i colori originali documentati dai saggi stratigrafici che ne hanno consentito di testimoniare la cromia e la consistenza materica. Bellissimo come gli altri palazzi gentilizi che tornano al loro antico splendore, dopo decenni, non è questione di sisma, di completo degrado ed abbandono. Sicuramente la gran parte di essi.