Sta montando un dibattito per niente appassionante, sulla ricostruzione delle scuole all’Aquila. Partirei da un dato di fatto: un solo progetto esecutivo, neanche l’appalto e 40milioni di euro circa nelle casse pronti da spendere da mesi, non spesi e non c’è ancora una previsione sul quando partiranno i cantieri. Politicamente la possiamo vedere come ci pare ma è evidente che dopo quasi sei anni dal terremoto, non riusciamo proprio a muoverci. Delle 11mila e 500 utenze pre sisma nel centro storico del capoluogo, ne sono state riattivate 679, di cui 160 sono solo cantieri, sono rientrati solo 225 nuclei familiari e 33 attività commerciali, sulle 900 aperte prima del terremoto. E’ un quadro catastrofico, che non potrà certo raddrizzare un’iniezione continua di risorse pubbliche che aspettiamo come fosse la panacea di tutto. La ricostruzione pubblica non si muove, le chiese sono come le ha lasciate il vice commissario Marchetti o come le ha distrutte il terremoto, come la Basilica di San Massimo ancora scoperchiata. La politica ha puntato tutto sulla ricostruzione delle case, ma anche questo è un processo lento e macchinoso, studiato solo per dare gocce di risorse ogni anno e fare in modo che non si chieda troppo in fretta. Delle 4.300 pratiche presentate, mancano quelle di una trentina di frazioni, solo poco più di mille sono state istruite nella prima parte, per la seconda, quella che farà aprire i cantieri, solo 106 amministratori sono stati invitati a presentare il progetto esecutivo. Tra questi, non dicono quanti lo hanno già presentato. Anche avessimo i fondi domani, tutti, un miliardo l’anno cash, come ha sempre calcolato chi ci amministra, non potremmo andare più lontano di dove siamo. E così facendo, i borghi antichi saranno abbandonati come il cuore del capoluogo, mentre assistiamo impotenti alla brutta fine che stiamo facendo. D’altra parte le case dell’emergenza deperiscono perché mal fatte e nient’affatto curate nelle manutenzioni, non vorremmo che si stringesse un brutto cerchio perché a quel punto, se la politica non farà un bagno di realismo, la guerriglia civile potrebbe spazzarla via definitivamente.