Il mercato immobiliare in un post sisma, dice molto, su come si sta muovendo quella comunità. Lo studio Ocse, nel 2012, valutò che a fine ricostruzione il territorio avrebbe avuto abitazioni per 50mila abitanti in più, avrebbe dovuto però fare i conti con lo spopolamento che genera un terremoto, e L’Aquila lo sta registrando, monitorando nel dettaglio il fenomeno della ricostruzione. Peraltro ai diritti di ogni proprietario a ricostruire, si aggiungono gli appartamenti equivalenti, acquistati da chi ha lasciato la vecchia casa al Comune, che ancora non sa cosa ne farà, con quali fondi riparerà tali abitazioni e se ne cambierà la destinazione d’uso. Buio. Il fenomeno immobiliare, non avrebbe dovuto prescindere, sempre seguendo le analisi Ocse, dall’economia di passaggio che genera una ricostruzione, con le maestranze e le loro famiglie ed ogni addetto ai lavori che si trasferirà qui per venti trent’anni, dopodiché se le amministrazioni non avranno impostato un modello socio economico di ripresa che attragga nuovi residenti, o fidelizzi le maestranze e quant’altri, sarebbe a fine ricostruzione solo il declino. Secondo l’osservatorio del gruppo Immobiliare.it, i prezzi di vendita di una casa all’Aquila, sono aumentati in un anno dell’13.3%, valutati con quelli degli altri capoluoghi di Regione. Un appartamento nel mese di gennaio 2014, è costato mediamente 1.846 euro a metro quadrato, contro i 1.629 di un anno fa, bisognerebbe capire cosa significhi per L’Aquila, e per il suo futuro. Anche perché ci sono circa 6mila alloggi in più, quelli dell’emergenza e circa 3mila manufatti temporanei, le regole del mercato sono saltate completamente. Intanto il sistema Paese si sta muovendo verso l’assicurazione degli immobili, con cui ricostruire in caso di calamità o catastrofi, perché lo Stato non può più accollarsi i miliardi di una ricostruzione, chi sa che picchi avranno le assicurazioni all’Aquila, e che fine faranno i prezzi da strozzo degli affitti, in centro storico come nelle più piccole gallerie commerciali, che hanno preso per la gola i piccoli commercianti che non sono riusciti, in gran parte, ancora a riaprire.