Un santuario confederale, risalente al VII secolo avanti Cristo, nella zona della Rivera o forse l’antica Testruna, la mitica capitale dei Sabini, citata dalle fonti storiche latine ma mai scoperta. Sono le ipotesi emerse nel corso del convegno Oltrelaquila, promosso dal Rotary Club, tenutosi nei giorni scorsi nell’Auditorium del Parco. Ipotesi di Vincenzo D’Ercole, direttore archeologo della Soprintendenza Archeologica d’Abruzzo e oggi alla Direzione Archeologia del Mibact, sulle origini dell’Aquila, supportate da dati storici e testimonianze materiali. Dai reperti di epoca preistorica, risalenti al VII-VI millennio avanti Cristo, rinvenuti nella zona di San Sisto, ai corredi funerari di età del Bronzo venuti alla luce nel quartiere di Pettino, caratterizzati da decorazioni che raffigurano un drago, fino al basamento ciclopico ben visibile nel tratto delle mura corrispondente a Porta Rivera, sono sempre maggiori, sulla base della relazione dello studioso, i dati archeologici che raccontano di una storia ben più antica di quanto si sia sempre ritenuto. Fabio Redi, ordinario di archeologia medievale all’Università dell’Aquila, ha poi spiegato delle mura e delle loro diverse fasi costruttive, a partire dalla prima, che inglobava l’area di Collemaggio e la zona di Pile, fino ai diversi rifacimenti in parte dovuti a terremoti. L’architetto Antonio Di Stefano, della Sovrintendenza ai Beni architettonici e artistici, ha illustrato il progetto di restauro delle mura, che ha visto anche la riapertura, e talvolta la riscoperta, di diverse porte, dovevano essere 19 in tutto, di ingresso alla città medievale. Dati molto stimolanti, ha commentato Cialente mi riferisco anche alla recente campagna di scavi archeologici nel sito di Amiternum, da cui è emersa la presenza di una cattedrale di epoca longobarda. Non è vero che non c’è un’idea di città – ha poi detto nella sessione dedicata alle infrastrutture. La nostra città è cambiata. Il ponte di Belvedere era funzionale ad una determinata crescita urbanistica, ma oggi come in tutte le città europee, bisogna eliminare l’attraversamento interno del traffico e creare percorsi alternativi. Ma di strada da fare ce n’è tanta, troppa, nella classifica sulla mobilità sostenibile delle cinquanta città italiane più importanti, L’Aquila si piazza infatti 48ma, al terz’ultimo posto.