18 Nov 19

La pietra, i colori e gli spazi pubblici

Riprogettare piazza Duomo con un concorso di idee e poi vie, vicoli e piazzette che si snodano intorno per ritrovare la città trecentesca e l’aggregazione. E’ un inizio, per l’architetta Barbara Matticoli, coordinatrice della commissione spazi pubblici, arredo urbano e colore, voluta dal sindaco Biondi nell’ottobre del 2017 per migliorare la qualità paesaggistica della città e delle frazioni.

Cerchiamo una rigenerazione degli spazi pubblici per restituire alle piazze la vocazione alla socializzazione. Piazzetta Nove Martiri è ora più vivibile, spiega, vorremmo favorire il passeggio per riappropriarci della città. E’ una commissione che opera gratuitamente con tutti gli ordini e categorie rappresentati, può essere consultata anche dai cittadini e lavora per restituire un’identità alla città medievale, sarebbe una buona idea creare una nuova commissione dell’ornato, rileva la Matticoli. Studiamo anche le pitture murali all’interno dei palazzi che andrebbero mostrate, sono notizie che non sempre arrivano alle persone.

Stabilire regole uguali per tutti è la priorità. Si lavora  sul colore e sulle tinteggiature delle palazzine, sui numeri civici, sui materiali da utilizzare, su camini e sui cornicioni.

Per l’illuminazione sui monumenti entrerà in ballo la Sovrintendenza con uno studio illuminotecnico. Una circolare sugli impianti di illuminazione, impone di lasciare un cavidotto in facciata per la futura illuminazione pubblica. Regole omogenee anche per le cassette postali e gli sportelli delle utenze ed ancora panchine intelligenti in centro storico e all’Università.

Si guarda avanti pensando anche alla definitiva pavimentazione una volta terminati cantieri e scavi.

Abbiamo avviato una ricerca con i rilievi del preesistente, il sampietrino non è delle nostre zone. Dovremo prevedere un futuro pedonalizzato, vorremmo le piazze con materiali locali come la pietra, tipo lastroni, e ce n’è molta. C’è la pietra di Poggio Picenze e c’è il travertino aquilano tipo calcareo, la ricerca sui materiali andrà avviata in raccordo con la Sovrintendenza. Abbiamo uno studio sui rilievi degli antichi colori della città, spiega ancora. L’Aquila era di pietra bianca, con il rosso di Preturo. Da quello studio esce una gamma di colori tenui tra i quali scegliere.

Negli spazi pubblici vorremmo la visibilità dei passaggi pedonali, con pavimentazioni miste tra lapideo e pietra, riprendendo i colori delle mura urbiche. Coniugando l’antico con il moderno ma senza stravolgimenti. Può esserci anche una rottura tra il demolito ed il ricostruito, ma deve crearsi una sinergia, aggiunge, citando il serpentone popolare a Fontesecco appena restituito alla città, quale esempio di architettura razionalista recuperato nell’originaria corrente architettonica, il rosso acceso ne è parte integrante e le finiture sono state fatte come al tempo.

La commissione organizza incontri pubblici.
Il primo sul colore, racconta, grandi esperti  hanno illustrato uno studio sulle scelte sgargianti del post sisma per le case, come a voler rimarcare la propria esistenza e presenza in caso di calamità. Seguirà una giornata sulla luce. Per capire come ci si sente al buio. E poi sul verde. Come si progetta green nel pubblico e nel privato.

Per i numeri civici utilizzeremo un font gotico. Una volta venivano affrescati, oggi uniformiamo gli interventi sui palazzi vincolati e storici per cui abbiamo scelto il Miocchi, la cui dima/calco è depositata in Sovrintendenza. Erano tutti diversi, in bachelite o ferro, oppure ottone, ora è una pianella in cotto che viene dipinto, d’altra parte non c’è più tempo per l’affresco, le imprese premono ed anche i cittadini.

I Miocchi continuano quindi a coltivare l’arte con la dima, c’è la tinta e ci sono i caratteri dei quali la città tutta è depositaria. 

Un blu di Prussia con ottagonale sarà usato per i civici con una storicità. Per le strutture più moderne il numero sarà in bronzo. Anche per le frazioni, dopo lo studio del preesistente, abbiamo scelto un rettangolare sempre in blu. Dove c’è, resta quello che c’era. Stessa cosa per la targa stradale, da adottare in pietra per i centri storici ed in metallo per le nuove vie. Oltre il nome della via abbiamo pensato di inserire il quarto d’appartenenza, anche nelle frazioni c’erano i quarti.

I gruppi civici propongono anche di realizzare o mantenere un’opera come l’aiuola di piazza Regina Margherita di Jemo ‘nnanzi, per fruire lo spazio pubblico con panchine centrali che aprono la visuale della fontana del Nettuno, mi racconta alla fine. E chi sa che non possa essere quel buon  inizio atteso per cominciare a recuperare una certa armonia urbana e la socialità perduta.