Il presidente dell’Ordine degli Ingegneri, Pierluigi De Amicis, chiede un tavolo di confronto nazionale prima di riaprire i cantieri, perché troppe le responsabilità da assumersi senza avere la necessaria competenza sanitaria, troppi passaggi tecnici da chiarire, anche sui costi, per evitare futuri contenziosi; e troppi dubbi sulle certificazione di tamponi e dispositivi di sicurezza. Peraltro un contagio da Covid-19 in un cantiere edile, oggi inquadrato come infortunio sul lavoro, non solo comporterebbe la quarantena di tutti e quindi un ritornare indietro, ma responsabilità in capo al Coordinatore della sicurezza e alla Direzione dei lavori, per i tecnici inaccettabili.
La nota è indirizzata al presidente del Consiglio dei ministri, al presidente della Regione Abruzzo, al prefetto dell’Aquila ed al sindaco dell’Aquila, ai sindaci del cratere e agli Uffici speciali all’assessore e dirigente della ricostruzione privata del capoluogo, al presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri ed ai presidenti degli Ordini degli ingegneri d’Italia.
Corretta attribuzione di compiti e responsabilità. Il Consiglio dell’Ordine degli Ingegneri, ritiene che l’apertura dei cantieri debba essere necessariamente preceduta da alcune attività ed una corretta attribuzione di compiti e responsabilità. Inoltre, rilevata l’oggettiva impossibilità di riprendere i lavori in questa fase, i necessari tempi d’attuazione sono da considerarsi proroga per l’ultimazione dei lavori, sospendendo le sanzioni previste nella norma sulla ricostruzione.
Contagio da Covid e infortunio. Gli ingegneri chiedono che il contagio sia equiparato all’infortunio sul lavoro, esclusivamente se è accertato che l’avvenimento è accaduto in ambito lavorativo senza alcun dubbio e senza che da parte degli organi preposti al controllo si inneschino automatismi di attribuzioni di responsabilità, amministrativi e penali, a prescindere. Chiedono quindi al decisore politico, sentita la scienza, di specificare con maggior chiarezza cosa s’intende per ‘occasione di lavoro’ e il suo limite spaziale e temporale, e cosa s’intende con ‘consueto certificato d’infortunio’ essendo l’epidemia da Covid-19 nuova per l’umanità intera, ancora non completamente conosciuta e di certo non consueta.
Uno o più comitati deputati ad uniformare le procedure operative e primariamente ad effettuare visite di controllo preventive e propedeutiche all’attività di cantiere, coinvolgendo anche le autorità ispettive e sanitarie.
Si prospettano inoltre costi aggiuntivi. Gli ingegneri vogliono capire se inquadrarli come oneri della sicurezza, quindi a carico dell’impresa, oppure assimilarli ai costi della sicurezza, e nel caso dovrebbe quantificarli il coordinatore per la sicurezza, ma comporterebbe la copertura finanziaria da parte del committente prima della riapertura dei cantieri. Senza chiarire questo, per il presidente De Amicis, si prospettano in futuro solo contenziosi.
Tamponi a tutto il personale che ruota intorno ai cantieri. Ad oggi nessun tampone può dare patentini di immunità, scrivono gli ingegneri, quindi prima di iniziare a fare i tamponi, chiedono di determinare quali sono i tamponi ed i test attendibili per chiunque entri in cantiere, dando la gestione a personale sanitario qualificato che poi li comunicherà agli organismi competenti. Non si possono scaricare enormi responsabilità sanitarie sui singoli professionisti tecnici o sui datori di lavoro, aggiungono. Le committenze in generale non hanno le competenze per effettuare le dovute valutazioni sanitarie sui vari dispositivi di sicurezza, se una mascherina va bene o no per es., attualmente nessuna certificazione è obbligatoria per legge, viste anche le offerte di mercato e gli inopportuni vari fai da te a causa dell’enorme richiesta.
Il carico sui Coordinatori per la sicurezza. Non hanno le competenze sanitarie e quindi non possono essere certo loro i garanti delle tutele sanitarie, rilevano ancora nella nota. Il controllo delle misure deve essere affidato a personale sanitario non agli ingegneri. Di conseguenza, solo un protocollo condiviso con l’Autorità sanitaria competente può necessariamente prevedere il percorso da seguire qualora si riscontrassero dei positivi Covid, peraltro anche i dati sanitari sensibili non li può trattare un Coordinatore per la sicurezza con la tenuta dei registri, ma dovrebbe essere il datore di lavoro ad agire e vigilare con figure preposte, così come gli adempimenti anti contagio ed i controlli su mense e refettori, che dovrebbero essere svolti, si legge infine nella nota, da personale preposto dell’impresa.
Snodi da chiarire in via prioritaria e in fretta, considerato che la cassa integrazione per le maestranze scadrà a metà maggio, ancora non viene liquidata, non c’è più tempo da perdere.
Le imprese avrebbero voluto la richiesta dei tamponi almeno un mese fa. Rimarcano il fatto che il tampone andrebbe fatto anche a pendolari ed industrie, ai lavoratori del tribunale, ai sanitari e a chiunque lascia la città per lavoro per rientrarvi la sera. Chiedono misure uguali e concertate per l’intero territorio regionale perché magari in un cantiere a venti minuti dall’Aquila, il sistema è regolamentato in tutt’altro modo e prima di ripartire vogliono certezze. Temono che lo scontro di queste ore sia solo politico e cercano di recuperare tempo aprendo trattative con l’Istituto Zooprofilattico di Teramo per processare tamponi, il cui costo potrebbe essere di 100 euro a tampone, rientrando quindi nella spese sulla sicurezza ancora da inquadrare, il tutto non prima di vedere scritto nero su bianco, quali tamponi offrono un minimo di patentino di immunità sanitaria.
Il tempo stringe, la città aspetta, ma vuole sicurezza sanitaria, e la cassa integrazione sta per finire.