14 Ott 15

Incolumità pubblica, dopo un 6 aprile

Neanche L’Aquila è immune dai cambiamenti climatici. Non bastano più le salite a salvarci dagli allagamenti e dai nubifragi, le auto in panne in diverse zone allagate della città, hanno mostrato oggi cosa vuol dire lasciare i tombini sporchi per anni ed ignorare le manutenzioni, oltre ai pericoli per l’edilizia temporanea. Le casette di legno messe su dopo il sisma, parecchie in zone alluvionali, sul Fosso di San Giuliano o in altre zone rosse per il pericolo dell’acqua, sono migliaia, molte abusive, non dichiarate e quindi non censite e a rischio sicurezza. Ma all’Aquila non se ne parla, si punta al condono, il dna di questo territorio per cui neanche un metro quadrato di costruito, dovrà essere perduto, ma piuttosto dovrà diventare rendita. Il Sindaco Cialente non se ne accorge, ha esternato il proprio pensiero con una nota che parla del recupero dell’Aterno, di piste ciclabili, di scarichi da controllare, probabilmente ignora che i tombini occlusi e la scarsa manutenzione delle strade, con le precipitazioni di queste ore, mettono a rischio l’incolumità pubblica. A sentire le tragedie del bel Paese, tra nubifragi e bombe d’acqua che in Liguria come in Sardegna tornano a colpire gli stessi luoghi con i ponti fatti un anno fa miserabilmente sbriciolati dopo pochi mesi, ci torna in mente che L’Aquila ha già avuto la sua tragedia quel 6 aprile di sei anni fa, ha perso 309 vite, avrebbero potuto essere 20mila se solo fosse stato un giorno qualunque della settimana e non la notte di una Domenica delle Palme, ma è un ricordo che sfuma. Le casette in legno nate da quella notte potrebbero essere travolte dalla furia delle acque dei cambiamenti climatici, l’acqua scorre sotterranea nelle profondità del capoluogo e sgorga dalle mura antiche. Basti farci caso a via Tancredi da Pentima, l’acqua continua a filtrare a valle, da quelle misteriose sorgenti a monte e non sappiamo chi garantisce la sicurezza di quei percorsi. Non abbiamo voluto conoscere il sottosuolo e stiamo ricostruendo sulla faglia di Pettino, scegliendo di restare in una città dove l’incolumità pubblica non è ancora al primo posto.