La crisi di maggioranza in Consiglio comunale non è il risultato di un dibattito appassionato sul Piano regolatore, su Porta Barete, sulla destinazione dell’immenso patrimonio immobiliare inabitato o sul futuro del Progetto case, sul ponte Belvedere o sul Parco fluviale dell’Aterno, sul perché il Forte spagnolo è fermo, su quante persone attendono per rientrare a casa, sulle scuole, sul 5G o sulla futura gestione dello smartunnel, sulle chiese e se vogliamo lasciare scoperchiata Santa Maria Paganica piuttosto che prepararci all’apertura del MAXXI e far fronte comune per candidarci a Capitale italiana della Cultura 2021, che poi vorrebbe dire un milione di euro, iniziative e visibilità nel mondo.
Nulla di tutto ciò.
La crisi di maggioranza è perché a un giovanottone di Preturo, per esempio, toccherebbe fare l’assessore al posto di Vittorio Fabrizi, solo perché gli tocca. Perché corpuscoli insignificanti, che pure una congiuntura astrale favorevole ha miracolato anche alle Regionali, vogliono voce in capitolo e nuovi equilibri; perché gli eletti di Fratelli d’Italia non si stanno, cercano ruoli, candidature e poltrone, per cui o si quadra il cerchio riequilibrando cosa tocca a chi, e quel Biondi dovrebbe accontentarsi di quello che ha già per cedere il passo alle future elezioni politiche, oppure saltano le sedute, e perché la Lega, niente, stavolta la Lega non c’entra, ma quanto è imbarazzante quel silenzio da quegli scranni occupati dalle elette che intervengono pochissimo, quante volte sono intervenute in Aula o in commissione per dire qualcosa di significativo?, ma che pure hanno alzato la voce per un posto al sole, per una poltrona o un incarico, senza alcuna esperienza amministrativa, ma solo per aver fatto incetta di voti alle Europee piuttosto che alle Regionali, e ancor prima di capire se sono davvero sicure di riconoscere un atto deliberativo politico e in cosa differisce da una determina dirigenziale.
E’ solo una questione di poltrone e potere che poi quale potere?
Mica quello di capire che succede, smuovere la ricostruzione pubblica, rivitalizzare quarti, quartieri e periferie dormitorio e calarci servizi pubblici funzionanti, studiarsi due carte, sollecitare il rifinanziamento del 4% per la ripresa economica, forti, per una favorevolissima congiunzione astrale di un’imponente componente aquilana in Regione, per cui si dovrebbe lavorare insieme per contare di più e per portare a casa qualcosa di più, che ne sarà del Gran Sasso e delle chiese per lo più dirute con una città che vorrebbe, forse, partecipare o anche capire cosa sta accadendo alla Camera di Commercio, dove il presidentissimo Santilli, ormai solo, non rappresenta che se stesso, ma non molla, con le oltre 35mila imprese associate che chiedono solo ripresa e respiro economico.
Niente di tutto ciò, una città terremotata è in crisi perenne solo per un assessorato, un incarico o una presidenza e solo perché gli tocca. Punto. Altrimenti cade il numero legale mentre in Aula giocano a zippitti, tirando la cartuccia con la fionda al dirimpettaio dell’opposizione per passare il tempo, prendere il gettone e tirare a campare, facendo aeroplanini con i fogli dalle delibere che gli passano sotto il naso.
E passa oggi che viene domani e probabilmente passerà pure il treno della Capitale italiana della Cultura 2021, mentre all’Aquila si pascola e questa cosa mi fa incarognire. Dovrebbe far incarognire tutti, ma quando mai.