La forma della speranza. In ricordo dei Nove martiri aquilani, di Vladimiro Placidi, è un libro palpitante e appassionato. E’ la storia romanzata dei dieci giovani aquilani, fedele ai fatti reali, dell’occupazione nazista, di Lenuccia e del figlio Vincenzo che doveva diventare medico, del professor Palmerio e delle sue idee socialiste, del convento di San Giuliano con frà Ludovico, inquieto d’animo e d’azione, e la spola con San Bernardino, di Merinda e Antonio, del colonnello e delle idee rivoluzionarie di libertà, per la patria occupata dai nazisti con la caduta del fascismo, la stessa libertà in cui speravano quei ragazzi.
Tra loro il figlio del colonnello ed il piano per unirsi ai fuggiaschi inglesi in attesa della liberazione. E’ un libro sulla speranza. Vladimiro racconta di avvenimenti storici e di dieci ragazzi che scelsero le montagne perché non volevano arruolarsi per i tedeschi. Meglio le montagne. Meglio Collebrincioni. Qualcosa succederà.
La storia cresce trepidante tra le ansie di Lenuccia, che teme per la vita di suo figlio Vincenzo, ed i ragazzi di Santa Maria Paganica che secondo i piani, avrebbero dovuto allontanarsi dalla città il 22 settembre, siamo nel 1943, arrivando poi attraverso l’abitato di San Sisto, il convento di San Giuliano ed il sentiero della Madonna Addolorata, ai due rifugi messi a disposizione da un pastore.
Subito l’infamata e la cattura in quella stessa notte e il racconto di Vladimiro è qui che penetra l’anima. Le luci dell’alba, le colonne dei camion, lo stazionamento sulla piazza di Collebrincioni, perché la gente vedesse, con Esperita che chiama suo marito Tonino quando intravede i fari dei camion. Tonì Tonì! Ci stanno i tedeschi! S’erano rifugiati lì vicino, stirava camicie rattoppate e vecchie lenzuola con un ferro alimentato dalla carbonella ardente, fuggiti perché accusati di mercato nero e contrabbando. Quindi le dozzine di soldati tedeschi con le mitraglie, a piedi, per accerchiare a raggiera i traditori armati.
Cazzo ci stanno circondando! Sono dappertutto. Dobbiamo tentare di uscire e raggiungere gli altri.
Ma il rifugio era stato circondato, poco lontano il crepitare di una mitraglia, uno di loro, Dino, era stato ferito ad una gamba. Caricato fu trasportato in ospedale, gli altri condotti con le camionette alle casermette. Era il 23 settembre 1943. Erano stati leoni tra sciacalli e iene, tra ipocriti e vigliacchi. Tenevano tutti la testa bassa, in fila con le mani dietro la testa, perduti tra i pensieri di quel sogno di libertà che li aveva portati verso la montagna. Quindi l’esecuzione dentro una fossa che loro stesso scavarono, si guardavano in faccia e guardavano i soldati, che adesso dovevano imbracciare le carabine…
La città non doveva sapere, doveva temere senza ribellioni, doveva sperare di ritrovarli magari in Germania. Furono giustiziati proprio mentre Lenuccia con il colonnello scendeva da via Roma per tentare di salvarli, per tentare l’illusione della ragazzata. Quella stessa che ancora oggi impedisce l’appropriazione vera della memoria dei Nove martiri aquilani.
Ormai è troppo tardi, si sentirono dire Lenuccia e il colonnello alle casermette. Nei giorni seguenti anche la stampa locale ipotizzò il trasferimento dei giovani in Germania. Dino, il giovane ferito, si salvò dal rastrellamento. La verità sull’uccisione dei nove ragazzi, conclude Placidi, in seguito proclamati i Nove Martiri Aquilani sarà scoperta, orfana di significativi dettagli, nel giugno del 1944, dopo la ritirata dei tedeschi dall’Aquila. Si dice sia stato un fascista a svelare il luogo dove furono recuperati i resti dei nove ragazzi per officiarne il funerale. Il traditore non è mai stato identificato.
Vladimiro racconta benissimo L’Aquila della guerra, dei traditori, dei vicoli silenziosi, della paura e del coraggio, delle parole non dette e delle speranze infrante, non dimenticando particolari della nostra cultura contadina e della nostra storia, accompagnato dall’introduzione di Errico Centofanti e dalla postfazione di Walter Cavalieri, con 12 illustrazioni di Sandro Arduini ed il patrocinio dell’Anpi, La forma della speranza è un libro che non si dimentica.
I Nove Martiri Aquilani. Anteo Alleva, Pio Bartolini, Francesco Colaiuda, Fernando Della Torre, Berardino Di Mario, Bruno D’Inzillo, Carmine Mancini, Sante Marchetti, Giorgio Scimia.