Erroneamente ricordiamo la figura di Celestino V come ‘colui che fece il gran rifiuto’, secondo l’espressione di Dante nella Divina Commedia; ma Celestino V non è stato l’uomo del ‘no’, è stato l’uomo del ‘sì’. Nell’omelia della messa, il Papa ha rovesciato l’interpretazione tradizionale della figura di Celestino V e ha fatto riferimento al coraggio di Pietro dal Morrone e alla Perdonanza celestiniana.
Celestino V è stato un testimone coraggioso del Vangelo, perché nessuna logica di potere lo ha potuto imprigionare e gestire. In lui noi ammiriamo una Chiesa libera dalle logiche mondane e pienamente testimone di quel nome di Dio che è misericordia. Questa è il cuore stesso del Vangelo, perché la misericordia è saperci amati nella nostra miseria. Non si può capire la misericordia se non capiamo la nostra miseria, ha detto il papa.
Che questo tempio sia sempre luogo in cui ci si possa riconciliare, e sperimentare quella Grazia che ci rimette in piedi e ci dà un’altra possibilità. Sia un tempio del perdono, non solo una volta all’anno, ma sempre, tutti i giorni. È così che si costruisce la pace, attraverso il perdono ricevuto e donato. L’Aquila da secoli, mantiene vivo il dono che proprio Papa Celestino V le ha lasciato è il privilegio di ricordare a tutti che con la misericordia, e solo con essa, la vita di ogni uomo e di ogni donna può essere vissuta con gioia. Misericordia è l’esperienza di sentirci accolti, rimessi in piedi, rafforzati, guariti, incoraggiati. Essere perdonati è sperimentare qui e ora ciò che più si avvicina alla resurrezione. Il perdono è passare dalla morte alla vita, dall’esperienza dell’angoscia e della colpa a quella della libertà e della gioia. Partire dalla propria miseria e partire da lì per arrivare al perdono, la strada indicata da Francesco.
Voi potete custodire il dono della misericordia perché conoscete cosa significa perdere tutto, veder crollare ciò che si è costruito, lasciare ciò che vi era più caro, sentire lo strappo dell’assenza di chi si è amato. Voi potete custodire la misericordia perché avete fatto l’esperienza della miseria, ha ricordato. Ognuno nella vita, senza per forza vivere un terremoto, può, per così dire, fare esperienza di un terremoto dell’anima, che lo mette in contatto con la propria fragilità, i propri limiti, la propria miseria, ha detto ancora, in questa esperienza si può perdere tutto, ma si può anche imparare la vera umiltà. In tali circostanze ci si può lasciar incattivire dalla vita, oppure si può imparare la mitezza. Umiltà e mitezza, allora, sono le caratteristiche di chi ha il compito di custodire e testimoniare la misericordia.
Che L’Aquila sia davvero capitale del perdono, di pace e riconciliazione, l’auspicio finale, attraverso la consapevolezza della propria miseria e la bellezza della misericordia.
In questo luogo, che ha patito una dura calamità, voglio assicurare la mia vicinanza alle popolazioni del Pakistan colpite da alluvioni di proporzioni disastrose. Preghiamo per il popolo ucraino e per tutti i popoli che soffrono a causa delle guerre, l’intenzione particolare del Santo Padre, il Dio della pace ravvivi nel cuore dei responsabili delle nazioni il senso umano e cristiano di pietà e di misericordia.