Lo ha detto il Cnr in tante occasioni, ricostruire L’Aquila com’era non avrebbe riqualificato la città, nonostante i miliardi, dodici dall’emergenza, spesi in quasi sette anni dal sisma. La città il problema non se lo pone, l’amministrazione Cialente addormenta le menti somministrando ottimismo, dati sul rientro della popolazione, lavori che corrono veloci. La Repubblica ai primi dell’anno ha raccontato agli italiani che gli aquilani vendono o affittano, vivono sulla costa mentre il sindaco gode dei risultati de IlSole24ore per cui sarebbe amato dai suoi concittadini. Piacerebbe sapere la qualità del campione scelto, anche al costo di mettere in crisi presuntuosamente le scienze statistiche, perché non può essere amato a tal punto, un primo cittadino che su tanti miliardi pubblici non imposta una riqualificazione urbana. Nel 2013, Giovanni Cialone dell’Itc-Cnr, al Salone della ricostruzione contestò la bontà del com’era e dov’era, una scelta ideologica, soprattutto se applicata nelle periferie, nel caso aquilano – disse – riavremo una periferia informe, sfrangiata, con quartieri dormitorio, senza servizi, piazze e verde, dunque per l’architetto aquilano la città sarebbe rinata vecchia, come riportò Avvenire in un servizio di quei giorni. Ma la città non ci vuole pensare, non vuole più cattive notizie, ed è pronta a riavere solo la casa nuova, a conferma del suo dna. E tra puntelli lenti e malte umide, torna a passeggiare senza chiedersi perché non possiamo riavere una città più bella. Nel 2014 il Consiglio comunale fece proprio lo schema di convenzione che l’Ufficio speciale per la ricostruzione sottoscrisse con il Cnr, perché censisse gli edifici incongrui del centro storico, d’accordo l’assessore alla ricostruzione Pietro Di Stefano, sarebbe stato fondamentale per capire cosa ricostruire, come, e cosa eliminare perché non congruo rispetto alle architetture urbane aquilane. 25mila euro costò quello studio, che in realtà è stato portato a termine ma la politica ha scelto di non divulgarlo, le commissioni speciali dell’Usra lo consultano per rilasciare pareri sulle pratiche, sempre tra le loro quattro mura chiuse. Decidono caso per caso, senza filo logico o pubblico e quanto decidono neanche lo fanno sapere.