Col sistema dei piani di recupero, in questa città sta passando di tutto. L’ultima, un nuovo ecomostro a cinque piani su viale Rendina, attaccato al Grande albergo, sulla strada dell’Inps verso via dei Giardini, con piani interrati, negozi e uffici e l’affare di qualche privato in cambio di poche briciole per la città. Il sistema è questo ormai, basta un passaggio in maggioranza e la variante urbanistica è fatta, altro discorso tutto in salita sarebbe stato invece ripensare una città da ricostruire, con tutte le cubature da prevedere a monte, con i privati pronti ad aggredire un mercato immobiliare praticamente morto, da conoscere e selezionare prima, e le nuove destinazioni d’uso, tra direzionale e commerciale, da distribuire equamente in una visione equilibrata della città futura, che evidentemente la politica che amministra il Comune dell’Aquila non vuole. Preferisce invece ricevere le proposte di imprenditori o investitori in privato, sceglierne la fattibilità nelle segrete stanze, in cambio di una non meglio riqualificazione di viale Rendina, in questo caso, tra le strade meglio messe in città, peraltro, non si capisce quindi l’affare per gli aquilani dov’è, ed una scala mobile, a collegare il megaparcheggio di Collemaggio con il viale, basterebbe questo semplicissimo lavoro pubblico per rilanciare il commercio? Suvvia non prendiamoci in giro, sarà l’ennesimo abuso edilizio, cinque piani al posto di una struttura bassa, terrazzata e bella, nonostante l’abbandono, e avremmo preferito ne fosse rispettata la destinazione originaria, invece del solito cemento a garantire solo una speculazione in più, in una città, che avrebbe bisogno di ben altre sensibilità. La storia dell’Aquila insegna che non basta certo una scala mobile per rilanciare un megaparcheggio mai decollato o il commercio in un territorio morto che non ha più un centesimo da spendere, in più, siamo amministrati da gente che parla di valori che combatterebbero il consumo del suolo, le varianti urbanistiche e gli sfregi edilizi in contesti urbani da riqualificare ed invece, ancora una volta una società privata a fare i propri affari, ed i padroni di casa, gli amministratori locali, a mettergli il tappeto rosso a scatola chiusa, in attesa della nuova disgrazia edilizia che cadrà tra capo e collo sugli aquilani. Andiamo quindi avanti così, con i piani di recupero, finora solo cemento e brutture, mentre la riqualificazione di Porta Barete, il più antico varco d’accesso alla città medievale che avrebbe voluto un’intera città, non è stata proprio presa in considerazione. Chi sa perché.