Si è conclusa a Sharm el-Sheikh, in Egitto, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite (Cop27) con la costituzione di un fondo per compensare i paesi maggiormente colpiti dai cambiamenti climatici. Rinnovato l’impegno delle delegazioni alla Cop27 a mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di un 1 grado e mezzo rispetto al periodo preindustriale, ma per restare sotto 1 grado e mezzo, sarebbe necessario dimezzare le emissioni di gas serra entro questo decennio, e l’obiettivo risulta oggettivamente impossibile.
Da anni gli scienziati segnalano come un aumento fino a 2 gradi potrebbe avere effetti gravi per molti ecosistemi, con una grande riduzione dei ghiacci polari, l’innalzamento del livello dei mari al punto da rendere inabitabili ampie zone costiere e contemporaneamente l’inaridimento di molte aree coltivate, inducendo milioni di persone a migrare, perché le coste sono tra le zone più abitate del pianeta.
Le ultime ricerche indicano che c’è un 50 per cento di probabilità di superare la soglia degli 1,5 °C nei prossimi cinque anni, seppur temporaneamente. Con gli attuali andamenti, il superamento potrebbe essere annuale a partire dall’inizio dei prossimi anni Trenta. L’Unione europea, in primis, insieme ad altri Stati, avrebbe voluto che nel documento finale della Cop27 di Sharm el-Sheik fosse inserito anche il 2025 come anno in cui si sarebbe dovuto raggiungere il picco delle emissioni a livello globale e un chiaro riferimento a un calo, se non addirittura a un abbandono di tutti i combustibili fossili e non solo del carbone. Senza questi riferimenti espliciti sarà difficile rispettare l’obiettivo del contenimento del riscaldamento globale.
La costituzione del fondo per le persone e i danni provocati dagli impatti della crisi climatica è un passo positivo, ma rischia di diventare un ‘fondo per la fine del mondo’ se i Paesi non si muoveranno molto più velocemente per ridurre le emissioni e limitare il riscaldamento al di sotto di 1.5°C, avvisa Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, di ritorno da Sharm El-Sheikh, non riuscendo a inserire nessun riferimento nelle decisioni finali della Cop27, i leader hanno perso l’occasione di accelerare l’eliminazione dei combustibili fossili: così continueremo ad andare dritti contro il muro delle conseguenze più catastrofiche della crisi climatica.
Doveva essere una ‘Cop africana’, ma i padroni di casa hanno invece tutelato i nuovi contratti di fornitura di fonti fossili, gas, verso l’Europa. L’Africa resta tuttavia in prima linea nella crisi climatica ed è altamente vulnerabile alle sue conseguenze. Stiamo già assistendo a terribili impatti, perdite e danni in tutto il continente. La crisi climatica colpirà persone e luoghi diversi in modo disomogeneo, e quindi è probabile che porti a ulteriori disuguaglianze e ingiustizie, ogni azione per il clima deve andare di pari passo con il miglioramento dei diritti umani e dell’equità, aggiunge Midulla.
I prossimi mesi saranno importanti per verificare quanto sia attuabile l’accordo sul fondo, ma difficilmente si faranno progressi sulla riduzione delle emissioni di gas serra, su ciò influirà la guerra in Ucraina e la situazione economica internazionale, molti Paesi hanno aumentato il consumo di combustibili fossili molto inquinanti, come il carbone, o stretto accordi decennali con nuovi fornitori di gas naturale che dovranno rispettare. La Cop28 dell’anno prossimo si terrà a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.