Al restauro della basilica di Santa Maria di Collemaggio è stato riconosciuto il Premio Europeo del Patrimonio 2020, European Heritage Award/Europa Nostra Award 2020.
La cerimonia di consegna si è svolta qualche giorno fa nel corso della Perdonanza celestiniana, Patrimonio immateriale dell’Unesco. Un esempio di best practice nella ricostruzione post sisma della città dell’Aquila e l’unico caso italiano tra i riconoscimenti assegnati dalla Commissione Europea e da Europa Nostra, nella categoria Conservazione degli European Heritage Awards/Europa Nostra Awards 2020.
Questo progetto rappresenta pienamente la rinascita della città, il senso profondo di spiritualità e la partecipazione della comunità al progetto devono essere considerati come parte integrante dell’impresa. L’intero progetto prende le mosse da un accordo pubblico/privato, e ha visto il coinvolgimento di tre Università. È stato fondato su un esemplare studio scientifico della vulnerabilità sismica dell’edificio, leggiamo nelle motivazioni della giuria.
Un cantiere aperto nel 2014 e chiuso in circa tre anni. Lavori in tempi record grazie all’Eni, colosso degli idrocarburi che rispose al bando europeo pubblicato dal Comune dell’Aquila per individuare uno sponsor che ricostruisse Collemaggio. In realtà già nel 2012 era stata siglata l’intesa ‘Ripartire da Collemaggio’ con cui Eni, che avrebbe già voluto contribuire alla ricostruzione con altri progetti, s’impegnava alla redazione congiunta di un programma preliminare di possibili interventi di recupero e di riqualificazione della Basilica e del Parco del Sole.
L’intuizione fu dell’allora assessore ai Beni culturali, Vladimiro Placidi, che riuscì a garantire il recupero della Basilica e del Parco del Sole, sempre grazie all’Eni, oltre all’Amphisculpture dell’artista americana Beverly Pepper, inserita nel progetto di respiro internazionale, Nove artisti per la ricostruzione, in base al quale personaggi di chiara fama avrebbero realizzato un’opera da inserire nel contesto del centro storico. Questa, è storia.
Grazie a un modello unico di collaborazione tra Eni, Soprintendenza, Università italiane e Comune dell’Aquila, oggi è stata restituita alla cittadinanza aquilana la Basilica di Santa Maria di Collemaggio, completamente restaurata dopo i gravi danni subiti in seguito al sisma del 2009. Eni ha messo in campo il proprio know how nei progetti complessi e le tecnologie più avanzate, recitava il comunicato stampa del dicembre 2017. Il percorso di recupero ha affidato la progettazione, la direzione dei lavori e il coordinamento per la sicurezza alla Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici per l’Abruzzo, poi Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per L’Aquila e cratere, che ha coordinato l’attività di supporto tecnico scientifico garantita dal Politecnico di Milano, dall’Università La Sapienza di Roma e dall’Università dell’Aquila.
L’apporto di Eni, oltre alla componente finanziaria del progetto, è consistito nell’attivazione delle sue competenze organizzative in progetti articolati, nell’utilizzo di tecnologie avanzate e nella capacità gestionale maturata nel contesto competitivo internazionale in scenari di grande complessità.
Oltre al coordinamento dell’intero gruppo di supporto alla progettazione da parte del prof. Stefano Della Torre, il Politecnico di Milano, riporta peraltro il sito dell’ateneo, ha dato il contributo di un ampio team interdisciplinare, che ha lavorato per il rilievo e la modellazione tridimensionale, l’analisi dinamica e le soluzioni di consolidamento, lo studio del cantiere anche attraverso simulazioni 3D, la progettazione di un innovativo sistema di riscaldamento sostenibile. Il progetto ha segnato una prima applicazione della modellazione digitale informativa nel campo del restauro. L’approccio multidisciplinare utilizzato nella considerazione delle conseguenze del disastro naturale sull’edificio sul suo contesto è un vero e proprio modello, continua il Politecnico. È inoltre da rimarcare la previsione di un programma di manutenzione e monitoraggio costante. Il progetto si impone come paradigma di buona pratica da seguire nella conservazione di siti gravemente danneggiati in tutto il mondo. Gli appassionati e i sostenitori del patrimonio culturale in tutta Europa e nel resto del mondo possono votare online per il loro progetto preferito, e contribuire a decidere a quale dei premiati andrà il Public Choice Award 2020, che verrà annunciato dopo l’estate, invita infine l’ateneo milanese.
Dunque il modello ha funzionato perché è intervenuto un colosso privato che ha saputo garantire, oltre alle finanze, una capacità gestionale maturata nel contesto competitivo internazionale in scenari di grande complessità.
E a guardarci intorno e a vedere lo stato pietoso in cui versano da 11 anni le nostre chiese e i nostri beni culturali, la Sovrintendenza unica, guidata finora da Alessandra Vittorini, i proprietari e lo Stato, avrebbero più di un interrogativo da porsi a cui fornire risposte adeguate.